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Ancora 1

La forza delle emozioni

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          Ciò che non ci consente di vivere felicemente e spensieratamente gli uni con gli altri e con noi medesimi è la nostra componente emotiva che, sovrastando ampiamente quella razionale, vince quasi sempre il conflitto che si scatena al nostro interno. L’emotività guida il mondo, è responsabile dei suoi cambiamenti e modella i comportamenti, le leggi, le organizzazioni. Molti gli esempi.

Un pazzo scatenato martella la pietà di Michelangelo. In più di 500 anni non era mai avvenuto e la probabilità razionale che possa accadere di nuovo è molto vicina allo zero. Ciononostante nessuno potrà più vedere da vicino quest’opera. Il gesto di un pazzo produce uno shock emotivo che determina a sua volta un cambiamento permanente per miliardi di persone normali.

I telegiornali parlano di omicidi che avvengono nelle varie parti del mondo. Non importa che l’avvenimento si determini a 100.000 km di distanza o con probabilità di “uno a tre miliardi”, tutti tendono a chiudersi in casa, inserire telecamere, allarmi e a non aprire più a nessuno.

In azienda qualcuno fa il furbo sull’orario di entrata. La risposta non è un’analisi sulla reale portata del fenomeno. Sull’onda emotiva si introduce il badge d’ingresso e d’uscita mortificando, invece di premiare, la grande maggioranza corretta che per trent’anni non ha mai sgarrato un secondo.

Le leggi dello Stato poi sono un ottimo esempio: per la mancanza di pochi si incide costantemente sulla libertà di milioni di persone. Per evitare il riciclaggio della criminalità, si vieta la circolazione del contante e si obbligano gli incolpevoli pensionati ad aprire un conto corrente. Eclatante lo scandalo Obama che per colpire alcuni terroristi ha intercettato telefoni e mail di tutti gli americani. Il crimine aumenta e gli onesti, quelli che seguono le leggi, ne fanno le spese. Fregane 150.000.000 per beccarne uno. Il fanatismo fa abbracciare emotivamente un’ideale di vita come se fosse l’unico possibile quando in realtà, razionalmente, non può e non potrà mai esserlo. Addirittura cattolici cristiani, insorti contro l’aborto, manifestano ferocemente causando la morte di alcune persone. Razionalmente c’è da chiedersi come sia possibile per un praticante gli insegnamenti di Cristo, arrivare a tanto. Le posizioni pro o contro il divorzio riscontrabili nell’ambito del referendum 1974, si basavano quasi esclusivamente sulla visione emotiva individuale del matrimonio. Chi votava contro il divorzio era perché, credendo nel vincolo matrimoniale, esso non doveva essere sciolto. La razionalità avrebbe suggerito di chiedersi che vantaggio avrebbe portato un tale voto che obbligava la collettività alle proprie idee. Se uno crede nell’unione matrimoniale, cosa mai sarebbe cambiato nella sua vita se ci fosse stata o meno la possibilità di divorziare? Quale era l’esigenza razionale di rafforzare con un divieto legislativo questa sua naturale credenza e predisposizione? Perché obbligare per legge molti altri a una convivenza forzata e infelice? Il voto razionale ovviamente non poteva che essere quello di lasciare libero il prossimo di fare le proprie scelte di vita?  Non si contano poi gli esempi di come sia ampiamente usato questo nostro tallone d’Achille “emotivo” per far passare azioni e provvedimenti che con il solo uso della “ragione” non sarebbero mai stati accolti dall’opinione pubblica. L’emotività prodotta da due genitori scellerati che hanno dimenticato i figli in macchina, ha obbligato milioni di persone ai seggiolini anti-abbandono. L’immagine della t-shirt rossa del piccolo Aylan, migrante di tre anni, ripreso sulla spiaggia turca di Bodrun a faccia in giù tra la schiuma delle onde, ha fatto il giro del mondo. Nonostante si fossero succedute migliaia di morti di migranti tra la sostanziale indifferenza dei Paesi, l’impatto emotivo di quella sola foto è riuscito a cambiare le leggi europee sull’immigrazione. Abdullah al-Kurdi, padre di Aylan, sino ad allora anonimo migrante, si è trovato in un istante al centro dell’attenzione mondiale con offerte di accoglienza e lavoro da parte di vari Paesi. Si potrebbe continuare all’infinito e tutti potrebbero cimentarsi a portare esempi di quanto le nostre vite siano condizionate dall’emotività e dalla pazzia della gente che la scatena. Purtroppo l’inconscio, la nostra anima, comunica attraverso il linguaggio delle emozioni.

         Fra le emozioni che mettono a dura prova il confronto tra ragione ed emotività, tra conscio e inconscio, è l’innamoramento. Anche perché non esiste un’educazione all’amore. Nessuno ci ha mai spiegato che cosa sia l’inconscio e i suoi aspetti emotivi. Educare ai sentimenti è un po' come insegnare a conoscere il corpo, aiuta ad averne meno paura anche se non è semplice guidare un giovane attraverso l'esitazione e lo smarrimento dei primi amori, né tenere a bada la sua inquietudine o la sua esaltazione. La difficoltà è insita nello stesso innamoramento che prescinde dalla ragione e dalla volontà, penetra fino in fondo all'anima e trasforma l’istinto della riproduzione in un'attrazione incontrollabile. Infatti non ci si innamora di una persona per gli occhi o per la voce, ma per qualcos'altro, di indefinibile, che non si riesce ad afferrare, e che talvolta spinge inevitabilmente l'uno verso l'altro. E’ il pathos che sommerge il logos. Infatti, nell'amore convivono sentimenti contrastanti e per imparare ad amare bisogna anche accettare l'idea che nell'innamoramento c'è cre­scita e che nella crescita c'è dolore. L'amore allontana da una condi­zione conosciuta, rassicurante. Sono fermamente convinto che se non si è mai conosciuta la febbre d’amore non si è mai cresciuti e maturati veramente. Senza aver fatto la sua esperienza difficile non si può affermare di conoscere se stessi e di essere diventati degli adulti pronti alle sfide della vita.

Ancora 2

Il mistero “amore”

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       Da dove origina quella forza che spinge inesorabilmente una persona verso l’altra? Certamente non proviene da aspetti materiali, quali il volto, gli occhi o il fisico, altrimenti tutti si innamorerebbero della stessa persona. Assomigliano più a onde vibrazionali che, come fossero farfalle, senti volare al tuo interno. Si vive una violenta perturbazione senza essere toccati da nulla di materiale ma solo dall'energia di uno sguardo. Innamorarsi significa entrare in una dimensione sconosciuta, significa spostare il baricentro della propria vita e orbitare intorno a un nuovo punto di riferimento. I riflettori della nostra mente illuminano un'unica immagine: quella del partner. Il resto rimane sullo sfondo. Questa immagine si sovrappone a tutte le altre, è presente ovunque, in ogni momento. Viene vista, rivista, ripassata come in un replay ossessivo. La persona amata viene idealizzata. Non ha difetti. E, se ne ha, vengono oscurati da una specie di miopia emotiva. Quest’immagine la si porta sempre con sé, al lavoro, in viaggio, al momento di coricarsi e di svegliarsi. Vive all'interno della nostra mente e continuamente i nostri pensieri la circondano, la sfiorano, la contemplano. L'amore non è una scelta razionale. Anzi, non è neppure una scelta. Avviene come una reazione spontanea che si produce all'interno, impadronendosi delle nostre emozioni e dei nostri pensieri. Soprattutto nella prima fase in cui non si è soltanto ciechi, ma anche sordi agli eventuali richiami alla saggezza da parte di parenti e amici. L'amore, infatti, non ha nulla a che fare con la saggezza: è un tuffo in una dimensione nuova, bellissima, irresistibile, dove nient'altro importa. I conti si faranno magari più in là, quando sarà passata la febbre e rimarranno i postumi della follia. Non a caso si parla proprio di "pazzie" d'amore: per amore si fanno cose che mai si farebbero in momenti normali. Si può rinunciare a un'esistenza serena per seguire un richiamo che è più forte di ogni altro. Ci sono persone che si sono rovinate finanziariamente, gettando nell'incendio tutto ciò che possedevano, rimanendo, a volte, solo con il cerino carbonizzato in mano. Quante volte ci troviamo a valutare severamente il comportamento di una persona che versa in una situazione di innamoramento. Il problema è che non essendo coinvolti stiamo valutando con la ragione, il metro di giudizio più sbagliato in amore. Dovremmo renderci conto che quella persona sta vivendo in un mondo irrazionale che per noi resta assolutamente irraggiungibile e incomprensibile. Tanto vale evitare giudizi e consigli. D’altra parte, quasi sempre, un amore contrastato trova linfa per rigenerarsi continuamente e con maggiore forza. In realtà sono convinto che quando due persone si innamorano entrano in gioco le rispettive anime, le cui caratteristiche non sono allineate con quelle della razionalità. L’anima non ha spazio, non ha tempo e ha ragioni che la ragione non può comprendere. L’anima pertanto non invecchia, si evolve. Questo spiega come razionalmente non sia possibile giudicare due innamorati per i loro comportamenti o per le loro differenze anagrafiche: l’anima non ha età. Del resto quante volte incontriamo anziani con lo spirito di un ventenne e giovani che sono già vecchi.

          La scienza ritiene che l’innamoramento sia il cavallo di Troia escogitato dall'evoluzione per indurre due persone a unirsi, grazie a uno stato alterato della coscienza, in modo da creare le condizioni perché si riproducano. La natura anestetizza certe parti del cervello attivandone altre, per far sì che due persone si attraggano irresistibilmente e generino un'altra vita. I sintomi dell’innamoramento sarebbero manovrati da potenti spinte interne che prendono il comando e dirigono le operazioni dal basso, lasciando alla parte nobile e colta del cervello il compito di tradurre tutto questo in parole poetiche o rime musicali.

(L’amore non è cieco, è presbite. Infatti comincia a vedere i difetti man mano che si allontana.)                                                                                                                      Miguel Zamacois

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Ancora 3

L’amicizia

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Tre fiammiferi accesi

Uno per uno nella notte

Il primo per vederti tutto il viso

Il secondo per vederti gli occhi

L’ultimo per vedere la tua bocca

E tutto il buio per ricordarmi queste cose

Mentre ti stringo tra le braccia

                                                    (Prevert)

         L’amicizia è l’altro grande sentimento della vita. A differenza dell’amore che si manifesta tra uomo e donna, nell’amicizia non esiste, o non dovrebbe esistere, l’attrazione sessuale. E’ quindi un sentimento meno passionale e più razionale in quanto è assente in esso la trappola della natura con i suoi obiettivi di procreazione e di continuazione della specie. L’amicizia si basa su alcune regole logiche necessarie per portare avanti un affetto nel tempo: fiducia, rispetto e sincerità. Se non ci sono fiducia e rispetto nessun tipo di rapporto, che sia amicizia, o amore, può andare avanti. La sincerità è importante poiché l’amico, o presunto tale, deve potermi dare la sua opinione in tutta onestà, senza aver paura del fatto che io non possa accettare un suo parere. A nessuno farebbe piacere trovarsi davanti una persona che asseconda ogni nostra scelta di vita, giusta o sbagliata che sia, solo per la paura di non saper gestire un rapporto d’amicizia. La falsità, il doppio-giochismo e il tradimento sono fenomeni purtroppo in espansione in un mondo fatto sempre più di interessi, di affari, di carrierismo e in cui il denaro la fa da padrone. Nell’infanzia gli amici sono tutto, con loro impariamo e scambiamo le esperienze, con loro giochiamo e discutiamo delle nostre visioni del mondo. Con loro impariamo ad andare in bicicletta, a nuotare, a ballare. Spalleggiati da loro viviamo i nostri primi approcci sentimentali.  Ciò dura fin quando cominciamo a diventare adulti. Non a caso l’infanzia è chiamata l’età dell’innocenza, della spontaneità e della spensieratezza. Crescendo cambiano le problematiche, si mette su famiglia, si trova un lavoro e si diventa più calcolatori, meno sognatori e meno spontanei. Questo mette, prima o poi, a dura prova le amicizie giovanili. Intervengono competizione, interessi materiali e relazionali fino a quando si resta feriti e disillusi. Si trovano sempre meno “amici” disposti a condividere i momenti tristi che la vita ci riserva mentre si moltiplicano quanti hanno bisogno di te per un conforto o un qualsiasi tipo di aiuto. Non tutti coloro che ci circondano sono nostri amici. Dobbiamo saper distinguere tra un amico e un compagno di giochi, di sport, un collega, o semplicemente una persona che frequentiamo spesso. L'amico è colui che dovrebbe esserci sempre accanto nei momenti in cui ne abbiamo bisogno, è colui che ci dà dei consigli disinteressati, è colui a cui possiamo raccontare i nostri segreti perché persona di cui possiamo fidarci. Particolarmente nel mondo attuale, dove impera il bisogno dello status individuale, ci si imbatte in conoscenti, parenti, affini, colleghi, compagni, sodali, soci, vicini di casa ma difficilmente in “amici” e guai a considerali tali con eccessivo ottimismo. Quest'ultimo tipo di rapporto appartiene ad una classe più ristretta di relazioni interpersonali. La vera amicizia è una forma di attaccamento fra persone. È facile distinguere l'amicizia dalle relazioni sociali più superficiali, dai rapporti utilitaristici o da quelli fondati su ruoli professionali. L’amicizia è qualcosa di molto profondo in quanto, a differenza dell’innamoramento, l'amicizia non diventa se stessa con una rivelazione unica iniziale, ma con una serie di approfondimenti successivi. L'innamoramento è perfetto fin dall'inizio. L'amicizia, invece, muove continuamente verso la perfezione. L'amicizia è un sentimento speciale che non richiede esclusività. Mentre in amore si desidera essere unici, nell'amicizia matura si sa di non doverlo essere. Un'altra fondamentale differenza è che io posso innamorarmi di qualcuno e non essere corrisposto. Non per questo cesso di esserne innamorato. L'innamoramento nasce senza reciprocità e ne va alla ricerca. L'amicizia, invece, richiede sempre una qualche reciprocità. Io non resto amico di uno che non si dimostra tale nei miei confronti. Insomma nell’amicizia manca quel grado di pazzia che è sempre presente nell’innamoramento, ciò significa che è dominata da un processo razionale che deve trovare conferma giorno per giorno.

Ancora 4

L’amore verso se stessi

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        L’amore per se stessi non va confuso con l’egoismo. L’egoismo ha altre forme. Una è quella di voler dominare la vita degli altri. Un’altra è quella di donarsi per poi dominare meglio gli altri. C’è anche quella forma egocentrica basata sul principio per cui esisto solo io. Si ritiene che nella misura in cui amo me stesso non posso amare gli altri. Questo punto di vista ha la sua origine nel pensiero occidentale. Freud ne ha un giudizio negativo e vede l’amore per se stessi come narcisismo che, se è naturale nel primo stadio dello sviluppo, diventa forma patologica in età adulta rendendo la persona incapace di amare. Per Freud amore per gli altri e amore per se stessi sono reciprocamente esclusivi, nel senso che più ve n'è di uno, meno ve n'è dell'altro. Analizzando razionalmente questo presupposto si evidenzia l'errore di fondo per cui l'amore per gli altri e l'amore per se stessi siano reciprocamente esclusivi. Se è virtù amare gli altri come esseri umani, deve essere virtù, e non vizio, amare se stessi, poiché anche noi siamo essere umani. Ho sempre inteso il motto biblico "ama il tuo prossimo come te stesso" quale rispetto per la propria integrità: l'amore per se stessi, non può essere separato dal rispetto e dall'amore per un altro essere umano.

L’egoismo è altro. L’egoista s'interessa solo di se stesso, vuole tutto per sé, non prova gioia nel dare, ma solo nel ricevere. Vede il prossimo solo per ciò che può ricavarne; non ha interesse per i bisogni degli altri, né rispetto per la loro dignità e integrità. Non riesce a vedere altro che se stesso; giudica tutto e tutti dall'utilità che gliene deriva; e per questo è fondamentalmente incapace d'amare. Egoismo e amore per se stessi, anziché essere uguali, sono opposti. L'egoista non ama troppo se stesso, ma troppo poco; in realtà si detesta. È solo una persona disperata e ansiosa di trarre dalla vita le soddisfazioni che impedisce a se stesso di raggiungere. Quello che appare un eccessivo interesse per se stessi è in realtà un tentativo di compensare la mancanza di amore per sé. Egoismo e altruismo sono separati solo per chi ritiene che l'Io possa esistere indipendentemente dagli altri, ma per chi ritiene che l'Io sia il frutto di un concerto di relazioni originarie, altruismo ed egoismo sono solo gli estremi di una polarità che va sempre tenuta in equilibrio. L’amore per se stessi è sempre stato considerato un aspetto positivo e desiderabile sia dalle dottrine religiose che dai più importanti filosofi. Amarsi vuol dire accettarsi e poi trasformarsi, morire per poi rinascere. Se hai imparato ad amarti e a realizzare il tuo bene, conosci cos’è l’amore e sai anche come realizzare il bene degli altri. Quando si vive per se stessi, si vive solo con una parte del proprio vero Io. Quando si vive per gli altri si sente il proprio Io espandersi.  L'essere è unitario e dinamico. Per questo l'orientamento positivo verso gli altri non è in opposizione con l'orientamento positivo verso se stessi: al contrario, è solo l'orientamento positivo verso se stessi che consente un sano orientamento positivo verso gli altri. Occorre essere felici di sé, del proprio esistere, del proprio essere, giungere a un rapporto sereno, conciliato, maturo col proprio destino. Il che non è per nulla frequente. Spesso infatti molti esseri umani vivono nella non accettazione della propria realtà, desiderano essere diversi da quello che sono, cercano un altro posto nel mondo, un'altra famiglia, un altro corpo, un altro carattere, un altro ego, e quindi non sono unificati. Il tanto diffuso sentimento dell'invidia si spiega in radice come non accettazione di sé e del proprio destino, cioè del fatto di essere nato con un determinato nome, una determinata faccia, da due determinati genitori, con una determinata intelligenza; non accettando il proprio sé si sognano altre possibilità e di conseguenza si giunge a invidiare chi queste possibilità le ha realizzate. Amare se stessi, se si considera la cosa nella prospettiva più adeguata, è un grande atto di umiltà, di conciliazione con i propri limiti, le proprie paure e le proprie insufficienze. E penso che il senso di tutto questo discorso si possa riassumere mediante la distinzione tra amor proprio e amore di sé: laddove l'amor proprio segnala la condizione negativa di chi è preda di un ego ipertrofico, mentre l'amore di sé segnala l'accettazione della propria condizione, amata per quello che è anche nei suoi limiti, ai quali si giunge a sorridere con quella leggerezza dell'autoironia che è una delle proprietà più belle dell'essere umano.

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