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Ancora 1

La morte riguarda solo gli altri

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Ancora 2

          Se la vita è talmente fortuita da sembrare improbabile, la morte, viceversa, è una certezza a cui nemmeno il caso (o il caos) può sottrarci. La vita, insomma, è tanto incerta quanto certa è la sua antitetica espressione: la morte. Può sembrare paradossale, ma l’unica certezza al mondo, l’unica aspettativa che non verrà mai e poi mai delusa, l’unico fattore imprescindibile, l’unico argomento che non si presta ad essere discusso, l’unico inconveniente che non potrà mai essere superato, l’unico evento che non si presta al raggiro è la MORTE. Essa è il vero problema irrisolto dell’umanità verso cui gli atteggiamenti sono strettamente individuali in quanto espressione della propria personale visione del mondo.  Chi risponde con la fede, chi con una vita dissoluta (tanto un giorno dovrò morire), chi per evitare di pensare alla morte corre dietro al denaro e al potere, come se denaro e potere potessero garantire l'immortalità. Epicuro affermava: “La morte non è un evento della vita: non si vive la morte”. Insomma, sia per chi considera la vita come un insieme di fatti che accadono nell’ordine naturale, sia per chi la considera come la manifestazione di un principio assoluto ed eterno, la morte non esiste, cioè non ha particolare significato per la vita dell’uomo. Ciò non equivale a negare che l’uomo dispone solo d’un breve tempo, dopo di che è destinato a sparire. Equivale solo ad affermare che questa condizione, condivisa da tutti gli esseri viventi, non ha alcun peso per l’interpretazione della vita umana, per una diagnosi del suo valore e significato e per la scelta degli atteggiamenti che si possono assumere di fronte ad essa. Nessuno può desumere dalla morte un insegnamento qualsiasi perché, almeno nel nostro immaginario, si tratta d’un evento che non può essere provato o vissuto così come si prova o si vive qualsiasi altro evento: perché è al di là della vita e fuori di essa. E questo spiega anche perché l’uomo vive e si comporta come se fosse realmente immortale, come se la morte non fosse costantemente in agguato. C’è infine il saggio che non fugge ma si allena a morire. Comincia a pensare alla morte come un evento del tutto naturale, con nostalgia per ciò che lascia e curiosità per quello che è il momento di passaggio più misterioso. Una cosa comunque è certa: moriamo generalmente di vecchiaia perché ci siamo logorati e siamo programmati per soccombere. I soggetti molto anziani non cedono alla malattia e finiscono per implodere, ognuno a suo modo, sprofondando nell’eternità.

       Diversamente dai secoli scorsi, in cui si considerava la buona morte, la cosiddetta ars moriendi, quale garanzia di salvezza dell’anima e motivo di edificazione per familiari e amici, la morte moderna avviene in strutture dedicate dove può essere occultata e sterilizzata fino al suo finale confezionamento in un moderno funerale con le auto in corsa. L’attuale cultura orientata al benessere tende a farci coprire gli occhi per non vedere la morte in volto, anche se lasciamo uno spiraglio tra le dita, spinti irresistibilmente a guardarla di sfuggita nell'intima speranza che l’evento si consumi in fretta e nel modo meno traumatico possibile. D’altra parte la stessa vecchiaia non è considerata una causa di morte e, comunque, mai nessun referto e/o statistica l’ha mai riportata quale motivo di decesso. Per disposizione della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ognuno deve morire a causa di una categoria patologica precisa e la vecchiaia non vi è contemplata. Per questa ragione in qualsiasi Paese del mondo morire di vecchiaia è semplicemente illegale. Se questo può essermi di conforto, adesso che sono entrato da tempo nella categoria degli anziani, da un altro punto di vista mi preoccupa che i medici non siano tenuti a riconoscere la vecchiaia. Trattando gli anziani alla stregua dei giovani, il passo verso l’accanimento terapeutico è breve. Tra l’altro questo strano atteggiamento sanitario si sta ritorcendo sempre di più contro gli stessi medici verso i quali oggi è diventato normale intentare causa per la morte del nonno di 98 anni. E risulta arduo difendersi dalle accuse senza poter invocare la vecchiaia quale causa del decesso. L’arte di morire è stata sostituita dall’arte di salvare la vita. Invece di operare in campo medico per rendere la morte più serena possibile, si è percorsa la strada del salvataggio ingegnoso e talvolta fanatico della vita umana. Penso che la morte debba appartenere all'individuo e non dovremmo permettere che venga ulteriormente svilita da inutili tentativi di combatterla, seppur animati dalle migliori intenzioni.

         Alla morte non si sfugge e lo ha ben capito Woody Allen che propone un diverso andamento della vita umana: "Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così il trauma è bello che superato. Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno. Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è andare in posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio. Col passare del tempo le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono. Poi inizi a lavorare e il primo giorno ti regalano un orologio d'oro. Lavori quarant'anni finché non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa. Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finché non sei bebè. Quando sei sufficientemente piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene. Gli ultimi nove mesi te li passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i coglioni. E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo".

L’uomo è uno e trino

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        Se si vuol comprendere l’essere umano, tutte le sue componenti devono essere ricondotte alla classica e onnicomprensiva trilogia (uno e trino): corpo anima e spirito. Le decine e decine di termini con cui le innumerevoli discipline fanno riferimento a questi tre elementi fondamentali, non fanno altro che allontanare dalla comprensione della verità. Abbiamo pertanto cercato di restare ancorati all’uno e trino. Ciò può aver comportato alcune eccessive semplificazioni che potrebbero fare inorridire qualche specialista ma riteniamo sia il prezzo da pagare per una migliore comprensione e per poter recuperare la nostra componente animica ormai da troppo tempo sepolta sotto quintali di documenti scientifici. La tripartizione CORPO – ANIMA – SPIRITO è ormai un archetipo collettivo conosciuto da tutti ma, in realtà, quanti conoscono le loro componenti fondamentali? Chi ne conosce la natura, i meccanismi, ciò che essi rappresentano e i mondi nei quali operano? Nonostante il nostro credo cristiano sia fondato su questa trinità, le attuali generazioni sono troppo concentrate sulla componente materiale della tripartizione per sentire l’esigenza di approfondire il significato delle altre due.

         Il corpo e l’anima sono chiusi e attengono l'individuo. Lo spirito è aperto, pubblico e cosmico. Esso è un campo di possibilità illimitato. Quando lo Spirito pervade un corpo si individualizza e diventa un’anima. L’anima è lo Spirito cosciente dentro di noi, il testimone immutabile dei cambiamenti del corpo, della mente e del mondo che ci circonda. L’anima conserva il ricordo di tutte le esperienze vissute e a questo archivio di informazioni diamo il nome di coscienza individuale. La Coscienza pertanto rientra nella trilogia, essa non è un’entità separata ma un attributo dello Spirito. Poiché la coscienza cosmica è la somma di tutte le coscienze individuali, l’esperienza terrena non fa altro che accrescere la coscienza dello Spirito attraverso le anime individuali. L'Anima è come un intermediario, come un'unione tra mondo fisico e mondo dello spirito: è il veicolo che trasporta gli elementi del Cielo alla Terra e della Terra al Cielo. Tutto passa per l'anima e di essa lo Spirito si serve per arrivare al piano fisico, il più denso di tutti. Lo spirito da solo non può arrivarci in quanto energia in vibrazione molto elevata. Solo l'anima ha la possibilità di raggiungere la materia e, attraverso di lei, lo spirito lavora sulla materia, modellandola, formandola ed ordinandola. In realtà, sebbene lo Spirito penetri l’esistente a ogni suo livello, dall’atomo alle galassie, esso non è consapevole di Sé. L’essere umano, un’anima calata dallo spirito in un corpo materiale, vive e si evolve affinché lo Spirito possa diventare consapevole di Sé e acquisire la coscienza cosmica. E’ questa circostanza che ci fa affermare: ogni essere umano è Dio. In effetti lo Spirito è il nostro Essere Reale. Il nostro vero io al di sopra di tutti i nostri apparenti io. È il nostro vero principio e la nostra vera fonte. In origine ed in essenza siamo lo Spirito puro fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Pertanto in spirito siamo suoi figli. Figli imperfetti sino a quando non ci identificheremo pienamente in lui. Fino ad allora potremo solo esprimere una piccola parte del nostro potenziale, un tenue riflesso della sua divinità immanente: l'anima cioè il nostro io inferiore. La coscienza, essendo un attributo dello Spirito viene prima della mente. Mentre la mente è una manifestazione energetica e quindi materiale, la coscienza è una manifestazione spirituale, appartiene allo Spirito ed è la storia della sua evoluzione. Ciascuno di noi crede di conoscere bene la coscienza, in realtà è poco compreso il suo funzionamento. Ci tocca così da vicino che forse sarà per sempre al di là della nostra comprensione. Nella fisica del mondo materiale (quark, elettroni, fotoni, atomi) e nell'intricata struttura del cervello, non c'è nulla che dia il minimo indizio sul meccanismo della coscienza. Ciò perché attiene alla natura spirituale di essa mentre noi la pensiamo materiale. Il profondo mistero della nostra esistenza cosciente è la più grande conferma dell’esistenza del mondo spirituale, di cui l’anima ne è il diretto collegamento. L’incapacità di fisici e neuro scienziati di coglierne il mistero ha tenuto nell'ombra l'intima relazione, rivelata dalla meccanica quantistica, tra l’anima/coscienza e la realtà fisica. In effetti la nuova fisica quantistica ci dice che la realtà si manifesta tutti i giorni come il rapporto tra un osservato ed un osservatore. E quando si cerca di osservare meglio l’osservato, si scopre che esso ci rimanda di sé un’immagine alterata rispetto a quella che “dovrebbe avere”, come se l’osservato non volesse palesare fino in fondo i suoi segreti, non volesse essere svelato. Questo tipo di approccio, che considera l’osservato da un punto di vista animistico, non piace né agli scienziati classici né ai religiosi, ma solo ai filosofi e, forse per questo, ha avuto sinora scarso riconoscimento e inadeguata diffusione. La filosofia, per bocca del suo grade interprete Kant, afferma: «Quando l'anima si separa dal corpo essa non riceve più le stesse impressioni sensorie da questo mondo; essa non vede il mondo come appare, bensì come è. Perciò la separazione dell'anima dal corpo consiste nella metamorfosi della percezione sensoria in percezione spirituale, e ciò costituisce l'altro mondo. In conseguenza, quest'ultimo non è un luogo diverso, ma semplicemente un diverso modo di percezione». 

        Lo Spirito (ciò che chiamiamo Dio) crea la realtà materiale per divenire consapevole della sua esistenza rendendo l’uomo, in particolare, il proprio specchio. L’uomo è pertanto il tempio dello Spirito e quando ne diventa cosciente, lo Spirito diventa consapevole di sé. Il Cristo ben rappresenta, per noi occidentali, la figura archetipa di questa verità. Egli venne in Terra come espressione fisica, umana e contemporaneamente divina della propria anima. Egli venne per mostrare la strada che porta al Padre (lo Spirito, Dio). Gli stessi vangeli riportano le sue parole: ≪Io sono la strada che porta al Padre. Solo attraverso me si arriva al Padre≫. In effetti solo attraverso l’anima si può arrivare allo Spirito, il Padre. Lo Spirito (il Padre) lavora sulla materia (il Corpo) per mezzo dell’anima (proveniente dallo Spirito Santo, parte vitale e spirituale del vivente). Questa forma “trinitaria” dell’essere umano (Corpo, Anima e Spirito oppure Padre, Figlio e Spirito Santo) esisteva già centinaia di anni prima della venuta dell'era cristiana. In Egitto la trinità era costituita da Osiride, Iside e Horus. In India da Brahma, Vishnu e Shiva. Nel mitraismo della religione persiana, Mithra era la seconda persona della Trinità. Il Cristianesimo è stata l'ultima religione a parlare di Trinità. La tradizione esoterica e molte filosofie orientali c'insegnano, parimenti, che ogni uomo è un Dio, perché siamo parte di Lui e Lui è parte di noi. Non c'è niente di profano in ciò, niente di superbo o di trasgressivo da parte nostra, ma è la vera eredità che ogni uomo possiede per natura essenziale.

Ancora 3

La materia ci allontana dall’anima

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        In tempi remoti, l’essere umano era molto più vicino alla propria Anima e, tramite essa, alla consapevolezza della natura intima delle cose. Il diktat delle religioni sulla cieca “fede” è intervenuto successivamente quando si è perso il collegamento del Corpo con l’Anima per un progressivo maggior valore attribuito ai beni materiali che, guarda caso, comportano di precipitare proprio in quei sette peccati capitali di biblica memoria (gola, lussuria, avarizia, invidia, accidia, superbia, ira).  Una volta che l’umanità si è orientata alla materialità, perdendo il legame con l’elemento spirituale, anche le religioni, che sono fatte di uomini, si sono adeguate attuando modalità discutibili con cui tale corretta e atavica comprensione della natura è stata nuovamente interpretata e inserita nelle varie culture. Le religioni che in origine erano quanto di meglio l'uomo fosse riuscito a concepire per comprendere il mistero della sua esistenza, sono diventate poco a poco strumenti di potere e di controllo delle masse. In qualche momento della storia si consumerà il passaggio dal potere spirituale al potere temporale in nome del quale sono stati sovvertiti quei principi e quelle regole che oggi solo la scienza parrebbe essere in grado di riportare in superficie. La religione cristiana è nata dall'ingiusta uccisione di Gesù chiesta proprio da chi non ha saputo credergli e comprenderne il messaggio. La Chiesa poi non ha fatto altro che ripetere l’errore (perseguendo Galilei, Giordano Bruno e molti altri) strumentalizzando, peraltro, il nome di Dio per avere potere e controllo sugli uomini.

           Lo scopo evolutivo dell'anima permette di comprendere meglio il fenomeno della morte del corpo fisico: lo scopo della vita non è, infatti, la sopravvivenza indeterminata del corpo fisico, ma il raggiungimento degli obiettivi dell'Anima, la quale realizza più facilmente se stessa grazie alla produzione di informazioni attraverso esperienze vissute da più corpi fisici diversi tra loro. La metempsicosi o reincarnazione è alla base di questo concetto. Questi corpi fisici devono poter essere potenzialmente sempre più "evoluti", come dai primi microrganismi ai rettili, o come dal primo australopiteco all'uomo moderno; e devono poter vivere in condizioni anche molto diverse tra loro per avere la possibilità di vivere esperienze il più possibile variegate. La morte naturale non è mai un evento distruttivo per l'Anima che lascia il corpo materiale. La sopravvivenza limitata nel tempo di ogni corpo fisico è solo una condizione necessaria affinché il vero scopo dell'Anima possa essere raggiunto più facilmente e possa essere, a sua volta, utile all'Universo. Se non intervenisse la morte del corpo i primi esseri viventi apparsi sul pianeta sarebbero stati immortali e avrebbero impedito l'evoluzione della vita verso strutture sempre più complesse rimanendo allo stato di ameba. Proviamo anche a immaginare un mondo dove ogni essere vivente, dal più piccolo virus ai dinosauri, non fosse mai morto, mantenendo invece la possibilità di procreare. La vita sul pianeta sarebbe stata impossibile già milioni di anni fa e noi oggi non potremmo essere quello che siamo. Senza l'evoluzione del corpo neanche l'evoluzione dell'Anima sarebbe stata possibile: come avrebbe potuto acquisire esperienze se fosse stata per sempre racchiusa nel corpo di un’ameba o di un dinosauro? La morte è condizione necessaria alla vita dell’anima e dello spirito. Essa rientra nelle caratteristiche polari della materia: la vita può esistere solo se c’è il suo polo opposto cioè la morte. Questo vale per il corpo fisico ma non per l’Anima che è immortale. Se il corpo fisico non dovesse morire, sarebbe estremamente limitante e poco costruttivo, non solo per lei ma per tutto l'Universo. Se le prime automobili costruite fossero state eterne, nessun produttore avrebbe mai investito in ricerca per produrre auto sempre più "evolute". Lo stesso fa l'Anima nei riguardi del corpo. L'aspetto importante è che, per l'Anima, la morte del corpo fisico non solo non è affatto l'evento traumatico e infelice che noi crediamo, ma corrisponde a una vera e propria rinascita.

         Varie considerazioni rispondenti ai nostri canoni di razionalità, possono essere svolte a superare l’ostacolo materiale che ci nasconde la vista dell’altra nostra dimensione. Il nostro corpo subisce un cambiamento continuo e col tempo non mantiene più niente di ciò che era da bambino. Cellule, muscoli, ossa, nervi, tutto quanto col tempo è stato sostituito e rinnovato. Ciononostante “noi” restiamo sempre gli stessi, non cambia la nostra coscienza. Qualcuno sostiene che è il cervello a determinare l’autocoscienza. Il cervello è stato paragonato ad un computer e in parte lo è. Tuttavia non esiste un computer in grado di produrre i software che lo fanno funzionare. Per estensione i pensieri e la coscienza non possono che venire da fuori. E’ una semplice questione di logica. La scienza, peraltro, ha già dimostrato che il corpo umano, per come è fatto, non è assolutamente in grado di produrre la propria coscienza. Una ragione in più per cui essa venga da fuori e il cervello, di conseguenza, diventi soltanto uno strumento utilizzato dalla coscienza. Insomma noi non siamo il materiale che compone il nostro corpo, ma siamo il “modo” (che è un software) con cui tale materiale si organizza. Conosciamo anche il codice che organizza i nostri atomi, rappresentato dal DNA contenente un’autentica informazione. Una formica è diversa da un elefante, da un fiore, da una serpe soltanto per piccole differenze nell'informazione contenuta in questo codice.

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Ancora 4

Esperienze animiche dell’Aldilà

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         Non si contano più i ricercatori che, seguendo le orme dell’ormai famoso Dr. Raymond Moody, descrivono clinicamente le esperienze di molte persone tornate in vita dopo essere state dichiarate morte. Più recente il caso della psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross (1926–2004), fondatrice della psicotanatologia (sostegno psicologico ai morenti), il più noto esponente degli studi sulla morte che, vivendo lei stessa un’esperienza di pre-morte, si dedicò all’assistenza di pazienti allo stadio terminale. Le innumerevoli ore trascorse con questi soggetti le consentirono di ampliare le scoperte su questo campo di ricerca che, grazie anche alle successive conferme di altri ricercatori, sono considerate ormai un patrimonio acquisito nell’ambito delle scienze cliniche. Descrizioni così coincidenti e così positive da cambiare in chi le ha vissute le idee sulla vita, la morte e la sopravvivenza dell’anima. Tali ricerche si basano su testimonianze di casi reali di persone che ritornano alla vita dopo una morte clinicamente dichiarata. Davanti a queste sorprendenti dichiarazioni post-mortem, ancora nessuno è riuscito a dimostrare una natura “materiale” delle esperienze riportate che peraltro hanno tutte dei sorprendenti punti in comune. Eccone un elenco sintetico.

- Sdoppiamento Astrale o viaggio astrale cosciente, per cui l'uomo o la donna si vedono abbandonare il proprio corpo e volare nell’aria. Per un individuo che è capace di sdoppiarsi, la morte, evidentemente, non lo spaventa, perché riconosce in quell’esperienza l'indipendenza tra lui ed il suo corpo fisico.

-- Sentirsi esistere fuori del corpo. Che sta a testimoniare il distacco del corpo animico dal corpo fisico. Essa è abituale fra i mistici, i quali si sentono sconfinare dal corpo e vivere in un ambiente universale, distinti come persona, ma al tempo stesso facenti parte di un tutto.

- Passaggio attraverso un tunnel con avvicinamento a una sorgente di luce che molti pazienti descrivono come un'esperienza incredibilmente bella e indimenticabile, definita "Coscienza cosmica". In presenza di questa luce si sentono circondati da amore, comprensione e compassione illimitati, totali e assoluti. Riconoscono questa luce come fonte di pura energia spirituale e non più di energia fisica o psichica. 

. Riesame della propria vita che viene chiesto loro di valutare alla luce del nuovo stato di conoscenza e comprensione totali (non si sentono più legati a una mente e a un corpo limitante). L’esame rende subito consapevoli dell'effetto che tutto il loro vissuto ha avuto sugli altri.

- Sensazione di sentirsi liberati della forma fisica di cui non sentono più il bisogno. In presenza della nuova energia spirituale si lasciano alle spalle il corpo, assumendo di nuovo l’aspetto che avevano prima della nascita e che avranno in eterno. Questo aspetto fa ritenere che fra i miliardi di persone dell'universo non esistono due tipi di energie uguali, non due persone identiche. Alcuni hanno anche visto queste energie, simili a una serie di diversi fiocchi pulsanti che volteggiano nell'aria, con la loro luce, i colori differenti e le diverse forme. Questo dovrebbe essere il nostro aspetto, dopo la morte e che avevamo prima di nascere. 

- E’ riferito che queste energie, questi esseri sono qui con noi e se solo potessimo vederli ci renderemmo conto che non siamo mai soli, ma circondati da loro, che ci guidano, ci amano, ci proteggono e cercano di dirigerci sulla via da percorrere per compiere il nostro destino.

        Il Dr. Raymond Moody ha peraltro approfondito nelle sue pubblicazioni alcuni cambiamenti comuni che si sono verificati nella vita dei soggetti investigati.

- Dopo un’esperienza di pre-morte, nessuno ha più paura della morte. Tutti vogliono continuare a vivere più che mai. Anzi, molti hanno l’impressione di vivere per la prima volta. Dall’esperienza hanno capito che l’essere di luce li ama, che non vuole giudicarli, ma desidera che diventino delle persone migliori. Questo li aiuta ad eliminare la paura e a concentrarsi sull’amore.

- Al ritorno sostengono che l’amore è la cosa più importante della vita. Molti dicono che esso è il motivo della nostra esistenza, il segreto della felicità e dell’appagamento, di fronte al quale gli altri valori impallidiscono.

- Sono tornati con la convinzione che nell’universo ogni cosa sia collegata alle altre. E’ difficile per loro spiegare questo concetto; comunque provano maggior rispetto per la natura e per gli altri esseri.

- È rivalutata fortemente la conoscenza. L’essere di luce ha detto loro che la cultura non finisce con la morte, che la conoscenza è qualcosa che ci si porta dietro; altri hanno parlato di un intero regno dell’aldilà predisposto per il conseguimento della conoscenza.

- L’esperienza di pre-morte porta quasi sempre alla curiosità spirituale e al contemporaneo abbandono della dottrina religiosa professata nella convinzione per cui allo spirito non interessa affatto la teologia! Non è interessato alla religione che pratichiamo: vuole sapere cosa abbiamo in cuore, non in testa.

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