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Siamo terrestri?

Ancora 1

                       Il quesito è insito nel passaggio dall’uomo primitivo alla civiltà. È universalmente riconosciuto che se l'uomo avesse seguito il corso normale dell'evoluzione, noi avremmo dovuto essere ancora dei selvaggi. Ci sono voluti 2 milioni di anni perché l'uomo capisse che poteva tagliare le pietre. Perché non ci sono voluti altrettanti anni per passeggiare sulla Luna raggiunta nei soli ultimi 5/6.000 anni? È la stessa domanda che si fanno gli studiosi del popolo dei Sumeri: com’è possibile che la loro civiltà sia nata dal nulla, quasi 6.000 anni fa, senza precursori o antecedente alcuno?

La civiltà dei Sumeri, sconosciuta sino a un secolo fa, si sviluppò in Mesopotamia intorno al 4000 A.C. I ritrovamenti hanno dimostrato come essi fossero in grado di costruire argini e canali, bonificare paludi, rendere il terreno coltivabile per orzo, grano, lenticchie, datteri e pure lino e sesamo da cui ricavare tessuti e olio. Furono i primi a sviluppare una vera e propria industria tessile e d'abbigliamento. Si scoprono edificatori di città fortificate con alte e solide mura di mattoni pieni con le caratteristiche di quelli usati oggi. Possedevano notevoli conoscenze astronomiche derivanti da osservatori ben costruiti. Ai sumeri sono riconosciute molte invenzioni e anticipazioni: la scrittura (detta “cuneiforme”); la stampa; la matematica con sistema sessagesimale; il calendario solare-lunare con 12 mesi di 30 giorni; le scuole ove si insegnava aritmetica, geometria, botanica, geografia, teologia, astronomia; le leggi; la musica in scala eptatonica-diatonica; la lavorazione dei metalli; le strade asfaltate con il bitume affiorante in superficie; la medicina e la chirurgia, ecc.

Che cosa aveva interrotto il lunghissimo letargo evolutivo dei nostri antenati? Il mistero si infittisce se consideriamo che ancora non sappiamo chi fossero questi Sumeri né da dove provenissero. Come avvenne che dopo milioni di anni di lento sviluppo umano, le cose cambiarono d'un tratto così completamente e repentinamente da trasformare dei nomadi primitivi cacciatori e raccoglitori, in agricoltori stanziali e fabbricanti di terraglie, in costruttori di case, ingegneri, matematici, astronomi, musicisti, giudici, medici, scrittori, bibliotecari, sacerdoti e astrologi con precise cognizioni cosmologiche addirittura più avanzate di quelle nostre più recenti?

Un particolare aspetto che mi ha intrigato non poco, è stato lo scoprire che i Sumeri, con le loro rappresentazioni dello Zodiaco, fossero consapevoli della “precessione degli equinozi”, un fenomeno solo recentemente scoperto dalla nostra scienza dopo secoli di “geocentrismo”. Tuttora la nostra astrologia non è allineata con tale fenomeno e la corrispondenza tra sole e segno zodiacale è ferma, appunto, al periodo sumerico. La precessione è il fenomeno determinato dalla rotazione dell'asse terrestre che traccia due grandi cerchi nel cielo similmente ad una trottola che sta esaurendo la sua rotazione. In tal modo si determina un ritardo della Terra rispetto alle costellazioni di un grado ogni 72 anni. Il tempo che la Terra impiega per spostarsi su tutti i 12 segni dello Zodiaco e tornare nella posizione iniziale corrisponde a 25.920 anni (72x360). In sostanza il sole che transita nei vari segni, accumula ritardo e ogni 2.160 anni (25.920 anni/12 segni) si trova indietro di un'intera casa zodiacale. Chiunque può averne la riprova. Lo scrivente ricostruendo la sua carta astrale (nascita ore 11,55 del 30 ottobre 1948), con somma sorpresa ha potuto appurare che il sole non transitava affatto sulla costellazione dello SCORPIONE, bensì su quella della VERGINE, oltre due costellazioni prima di quella indicata dall’attuale astrologia. Un disallineamento temporale, dovuto alla precessione, di oltre 5.000 anni confermando senza dubbio che l’astrologia risale proprio alla civiltà sumerica (avviatasi nel 3.800 a.C.). Solo a quell’epoca il sole, il 30 ottobre, transitava nella costellazione dello scorpione.

C’è materia a sufficienza per chiedersi seriamente se sia stato possibile che i nostri avi mediterranei avessero acquisito da soli questo grado così avanzato di scienza e di civiltà! Per Zacharia Sitchin, solo i Nefilim (leggendari visitatori della Terra provenienti dal cosmo) potevano avere l'esigenza e la competenza necessaria per compiere queste complesse misurazioni astronomiche. La stessa scienza, nella persona di Francis Crick (1916-2004), Nobel per la medicina nel 1962, ha avanzato l'ipotesi che “la vita sulla Terra possa essere nata da organismi provenienti da un pianeta lontano”. In un articolo su “Icarus”, Crick si domanda: “come mai esiste un solo codice genetico per tutte le forme di vita terrestri? Se la vita ebbe inizio dal cosiddetto brodo primordiale, come dicono i biologi, allora avrebbero dovuto svilupparsi organismi con codici genetici diversi”. Nelle conclusioni dell’articolo Crick afferma infine che la vita sulla Terra poteva essersi originata da un organismo proveniente da un altro pianeta e che si sarebbe trattato di un'operazione volontaria, nel senso che esseri intelligenti di un altro mondo avrebbero volutamente gettato il "seme della vita" sulla Terra.

L’ipotesi di discendere da un popolo intergalattico mi ha sempre intrigato specie da quando una certa branchia medica ha individuato nella conformazione della nostra colonna vertebrale il vero punto critico della salute umana. Tutti i nostri fasci nervosi passano dai dischi vertebrali e la maggior parte delle sofferenze e delle patologie umane provengono e si concentrano su quei delicati snodi. Ciononostante l’uomo è l’unico essere sulla terra a vivere in posizione eretta, esponendo la colonna alla forza di gravità del nostro pianeta, quella stessa forza che fa pesare lo scrivente 80 kg sulla Terra ma solo 13 kg sulla Luna. C’è da chiedersi, quanto meno, perché l’evoluzione umana, se di natura terrestre, si sia evoluta nei secoli assecondando questa strada di passione.

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Ancora 2

le origini della spiritualita'

                     È da ritenere che la spiritualità nasca allorché l’uomo prende coscienza del mondo che lo circonda e, in particolare, dei misteri e dell’impenetrabile sua dimensione e consistenza. Proviamo a immedesimarsi in un nostro antico progenitore che vive nelle caverne. Sicuramente i maggiori timori avevano origine dall’oscurità e dai pericoli in essa celati. Altrettanto penosa doveva manifestarsi la sofferenza per il freddo buio della notte durante i mesi invernali. Possiamo immaginare di conseguenza quanto fosse di conforto per quest’uomo il sorgere del sole che scacciava in un sol colpo il freddo, i timori dell’oscurità e riportava alla vita. È pertanto comprensibile come il misterioso disco del sole possa aver rappresentato il primo Dio da adorare e benedire. In effetti, l’adorazione del sole si ritrova già nei graffiti delle caverne e forse non a caso la Bibbia definisce Dio un “fuoco divoratore” nel cielo e ancora oggi guardiamo verso il cielo quando si prega Dio. Egli risiede lassù, in cielo. La vita dipende e dipendeva dall'energia del sole. Molto prima del cristianesimo, il "sole/salvatore" del mattino veniva raffigurato come un neonato e il suo nome era Horo.  Studiandone i movimenti, gli antichi stabilirono i giorni, i mesi e gli anni attraverso la meridiana.  Furono così scoperte le stagioni da cui scaturì un calendario, diviso in 4 parti uguali, rappresentante la vita annuale del sole. Una linea verticale tracciata sul cerchio del calendario indicava gli equinozi di primavera e d'autunno; mentre una orizzontale indicava i solstizi d'inverno e d'estate. Prese così forma la croce dello Zodiaco (cfr. figura in calce) che diventerà anche un simbolo spirituale raffigurato con il segno della croce, riscontrabile ancora attraverso l’iconografia classica del Cristo con la croce e l’aureola del sole (cfr. figura in calce) a indicare che egli è la luce del mondo, il portatore di vita, il salvatore che ritornerà per difenderci dall’oscurità e dal male per l’eternità.

I nostri antichi progenitori, nell’assoluta oscurità notturna dell’epoca, si compiacevano di quel meraviglioso scenario e presto si accorsero che il 21 o il 22 dicembre il sole, andando a sud, raggiungeva il punto più basso del cielo (solstizio d'inverno); il 25 dicembre invece il sole ritornava a salire: ne dedussero che esso ogni anno rinasceva in quel giorno. Le corrispondenze tra la dottrina cristiana e il culto del sole sono a dir poco imbarazzanti. A tutti è nota la difficoltà di determinare ogni anno il giorno di Pasqua: ciò deriva dalla necessità di fare calcoli astrofisici. Per noi la Pasqua rappresenta la resurrezione di Cristo che cade la domenica successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio di primavera (21 marzo). Quello è il giorno della resurrezione del figlio di Dio (cioè il sole) che risorge dal freddo e sterile inverno per riportare la natura alla vita.

Le somiglianze tra le metafore cristiane e il culto del sole sono così evidenti che rappresentano proprio l'intera storia del mondo e il suo collegamento con i tempi più lontani. In Egitto il Dio Osiride, risalente a oltre 5.000 anni fa, nacque in una grotta un 25 dicembre dalla vergine Iside, la sua nascita fu annunciata dall’angelo Thot e indicata da una stella dell’est che i re seguirono per trovare e omaggiare il neonato salvatore. A 12 anni insegna agli adulti e  a 30 anni inizia il ministero dopo essere stato battezzato da Anup che successivamente sarà decapitato. Insieme a 12 discepoli compiva miracoli e prodigi (resuscitò El Azar, camminò sulle acque, ecc.). Fu tradito da un apostolo, Typhon, e fu crocifisso. Sepolto, dopo 3 giorni risorse. Sono mitologie che si ripetono in quasi tute le antiche civiltà e  le correlazioni che queste circostanze hanno con l’astrologia convincono ancor più di come l’umanità non abbia mai abbandonato il culto del sole e degli astri.

La stella più luminosa del cielo ad est è quella di Sirio che, il 24 dicembre si allinea con le tre stelle più brillanti della Cintura di Orione, note nei tempi antichi come i “tre re” (cfr. figura in calce). I tre re e Sirio, a loro volta, si allineano esattamente con il punto in cui sorge il sole: il 25 dicembre. Ecco perché i tre re (magi) seguono la stella dell’est: così facendo incontreranno l’alba: la nascita del Dio sole. E’ noto inoltre che nel nostro emisfero durante la stagione invernale, il sole ci appare tramontare sempre più piccolo e sempre più in basso a sud. Ciò determina l’accorciarsi delle giornate e un minor soleggiamento che gli antichi interpretavano come un processo di morte. Un processo che si arresta solo il 22 dicembre allorché il sole tocca il punto più basso all’orizzonte per restarci senza variazioni percepibili per tre giorni (22, 23 e 24 dicembre). In questo periodo il sole appare allineato alla Croce del sud (cfr. figura in calce) e dopo di esso, il 25 dicembre, risale di un grado all’orizzonte, facendo presagire giorni più lunghi e caldi. Identificando il Cristo con l’astro si può dire che il “sole” muore sulla croce per tre giorni per poi risorgere e nascere di nuovo. Risalendo verso il nord il sole riprende il viaggio della salvezza verso la primavera il cui equinozio rappresentava per gli antichi la vera resurrezione del sole che porta fertilità, risveglio della natura e vita: è la Pasqua di resurrezione la cui “dipendenza” astrologica abbiamo già detto. Individuata la dicotomia Cristo–Sole, il simbolo dei dodici apostoli è ancora più chiaro: essi rappresentano le 12 costellazioni assieme alle quali il Sole si muove. Dodici sono anche i mesi che ogni anno accompagnano il sole.

Il libro poi sviluppa le manifestazioni astrologiche che hanno accompagnato l’evoluzione umana dall’antichità sino ai nostri giorni. Un’evoluzione che non si è mai allontanata dall’adorazione del sole e che, incidentalmente, ci riporta al misterioso popolo sumerico.

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Ancora 3

dal meccanicismo al consumismo

                        L’orientamento scientifico tradizionale resta tuttora ancorato alla materialità che indirizza il progresso umano verso la trasformazione, a proprio vantaggio, della materia. Sino a tre secoli fa imperava la visione dei Greci che associavano cambiamento e crescita, alla decadenza e al caos. Il loro obiettivo era quello di trasferire alle generazioni successive un mondo il più intatto possibile. Platone e Aristotele pensavano che il miglior ordine sociale fosse quello che subiva il minor numero di cambiamenti. La crescita non significava maggior valore e ordine nel mondo, ma esattamente l'opposto: se l’evoluzione si fosse allontanata dallo stato di perfezione originale, il risultato sarebbe stato il caos. Recenti studi condotti sulle poche tribù boscimane di cacciatori-raccoglitori rimaste, hanno dato risultati sorprendenti: conducono una vita più felice e sana della nostra e lavorano meno di 10-20 ore alla settimana oltre a non lavorare del tutto per varie settimane e mesi dell’anno. Il molto tempo libero è speso per attività ricreative, giochi, sport, arte, musica, danza, cure familiari e visite di relazione. Situazioni esistenziali del passato che, a differenza di oggi, erano abitate da tutta una serie di entità spirituali presenti in ogni fase della vita: un animismo che proiettava nella natura la coscienza e l’intenzionalità dell’uomo. Ciò permetteva una rassicurante vicinanza alla natura con la quale era intrattenuta una continua relazione. A partire dal secolo XVII tale visione sarà messa in crisi dal progresso della scienza con l’avvento del cosiddetto modello meccanicistico che, pur conosciuto come “newtoniano”, è attribuibile essenzialmente a tre personaggi: Bacone, Cartesio e Newton.

Bacone pensava che una scienza del sapere doveva indirizzarsi al come delle cose. Egli si riferiva al metodo scientifico postulato da Galilei, suo contemporaneo, che separava l'osservatore dall'osservato e indagava i fenomeni oggettivamente. La conoscenza oggettiva avrebbe fornito il potere sulle cose materiali, gli oggetti naturali, la medicina, l'energia, ecc.

Sulle idee di Bacone si innestò Cartesio per cui il governo del mondo risiedeva in una sola parola: “la matematica”. Egli tradusse tutta la natura in una questione di moto riducendo tutto a numeri e quantità in grado di comprendere il funzionamento dell'universo. La visione matematica del mondo di Cartesio era priva di odori, colori e sapori; ogni cosa aveva il suo posto e tutti i rapporti erano armoniosi. Il mondo era fatto di precisione, non di confusione.

Mentre Cartesio esponeva la possibilità di scoprire tutte le verità dell'universo, Newton forniva gli strumenti per poterlo fare mostrando i modelli matematici necessari a descrivere la meccanica del moto. Egli sosteneva che un'unica legge può spiegare sia il moto dei pianeti sia la caduta di una foglia dall'albero. Esisteva un ordine per tutte le cose e quell'ordine poteva essere dimostrato con formule matematiche attraverso l’osservazione e la misurazione.

Era un’impostazione fatta per le macchine, non per le persone. Separando e poi eliminando tutta la vita (che è qualitativa), dal mondo fisico (quantitativo) di cui comunque la vita stessa fa parte, gli architetti del paradigma meccanicistico introdussero un universo freddo, inerte, interamente fatto di materia non vivente. Infatti non solo l’Universo ma anche l’essere umano era visto funzionare come un orologio: per la scienza meccanicista infatti è sufficiente smontare l’uomo nei suoi organi fondamentali per capirne il funzionamento, le malattie, ecc. L’uomo, considerato pura materia, è stato così smembrato in pezzi sempre più piccoli sino a diventare microscopici con il progredire della tecnologia. Lo stanno a dimostrare le centinaia di specializzazioni mediche, in continua crescita, che perdono sempre più la visione olistica dell’uomo e con essa la vera origine delle patologie. La recente pandemia prodotta dal Covid-19 ha messo in evidenza quanto siano proliferati gli specialisti dei “virus” con il risultato di un perenne conflitto tra loro: virologo, epidemiologo, microbiologo, infettivologo, ecc.

Tuttavia il comportamento, spesso caotico, delle persone e l'azione, spesso fallace, dei governi e dei poteri economici, non quadravano molto con le spiegazioni meccanicistiche. Il dilemma fu presto risolto: la società e i governi si comportavano male perché non si conformavano alle leggi matematiche che governano l'universo. Su tali presupposti John Locke correlò i meccanismi dei governi e della società con il paradigma meccanicistico, mentre Adam Smith fece lo stesso con l'economia. Per Locke, lo scopo del potere politico era che le persone divenissero libere di poter usare il potere sulla natura per produrre prosperità materiale. Solo la mancanza di beni rende cattivi gli uomini. Le necessità delle persone, i loro sogni e desideri, sono fatti così confluire nel perseguimento del proprio interesse materiale personale.

Su tale falsariga Adam Smith introdurrà la visione meccanicistica in campo economico sostenendo che tanto i corpi celesti quanto le scelte economiche sottostanno a precise leggi naturali: il progresso consiste nell'accumulare sempre più beni materiali in grado di dare luogo a un mondo migliore.

La scienza e la tecnologia saranno gli strumenti per compiere il processo che avrà la sua massima espressione nei secoli XVIII e XIX allorché una nuova alleanza tra imprenditori borghesi e scienziati forgia la rivoluzione industriale, sostituisce la precedente egemonia culturale dell’alleanza Chiesa-Stato e comincia a forzare la natura. La scienza diventa un’impresa di ricerca tecnologica che produce un enorme numero di prodotti commerciali e imprime un frenetico progresso. Quel progresso attuale che ci impone di correre sempre più veloce.

La visione meccanicistica, tuttora seguita da matematici, dalla scienza, e dalla tecnologia, sta cominciando a perdere vigore perché l'ambiente e le risorse energetiche su cui è cresciuta stanno avviandosi alla fine. Nel frattempo prendono vigore le visioni che vedono nell’uomo la componente spirituale oltre a quella materiale sino ad ora sostenuta dalla Chiesa e respinta dalla scienza incapace di applicare il metodo scientifico su elementi invisibili e immateriali.

Ancora 4

                          Sicuramente la scienza ha raggiunto grandi traguardi e notevoli scoperte, tuttavia risulta impossibilitata a fornire la risposta alla domanda: “Chi siamo noi?”.

La scienza nel suo progredire ha seguito una strada tracciata nel presupposto per cui il costituente fondamentale della realtà sia la materia: l'uomo nasce da essa e vive inevitabilmente nella realtà materiale, per cui nella sua vita ha bisogno di riferirsi soltanto alla materia. Da secoli la spiritualità in ogni sua forma è stata bandita dalla visione scientifica. Il processo dell'emergenza spirituale in generale, insieme con le sue manifestazioni più drammatiche, è visto come una malattia e coloro che presentano i segni di quella che in precedenza era considerata una trasformazione interiore e una crescita sono stati ritenuti nella gran maggioranza delle persone insane.  E’ fuor di dubbio che la scienza classica poggi le proprie fondamenta sulle teorie per cui l'uomo è nato casualmente dalla materia. Questa perdita di fiducia in noi stessi, tuttora foraggiata dalle teorie scientifiche enunciate da Galileo Galilei 400 anni fa, implementate da Isac Newton e confermate da Charles Darwin, è probabilmente la causa dei nostri attuali malanni.

Galilei è tuttora considerato il padre della scienza moderna in quanto gli è riconosciuto il merito di aver introdotto il “metodo scientifico” che rappresenta la modalità tipica con cui la scienza deve procedere per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Il metodo consiste nella raccolta di dati empirici e nell'analisi rigorosa, logico-razionale e, dove possibile, matematica di questi dati.

Darwin, con la sua “teoria dell’evoluzione”, ha deprivato definitivamente l’essere umano della sua anima spirituale spiazzando mistici e fedeli. Per tale teoria tutte le entità biologiche sono composte da parti più piccole e più semplici che di continuo si combinano e si separano. La selezione naturale non potrebbe avvenire se un’entità non può essere divisa o trasformata nel tempo. Essendo l’anima indivisibile e immutabile, non può derivare da un’evoluzione così formulata né si può immaginare che l’anima sia apparsa ad un certo punto dell’evoluzione. Difficile immaginare un neonato che nasce con un'anima eterna di cui i genitori erano sprovvisti. La strada materialista, cui non si sono sottratte nemmeno la letteratura e l’arte, ci ha sempre più allontanato dal rapporto stretto di parentela che ogni uomo ha con la spiritualità. La nuova scienza, tra cui la fisica quantistica, tuttavia sta mettendo in dubbio la visione scientifica classica.  Il “principio di indeterminazione” (di Heisenberg) sostiene che l'osservatore, cioè lo scienziato che fa la misura, non possa mai essere considerato un semplice spettatore, ma che il suo intervento, nel misurare le cose, produce degli effetti non calcolabili, e dunque un'indeterminazione che non si può eliminare. Solo questo caposaldo della meccanica quantistica è in grado di mettere in discussione i principi secolari del metodo scientifico (oggettivo, affidabile, verificabile, ripetibile e misurabile). Se la fisica dei quanti fosse nel giusto i principi del metodo scientifico andrebbero riformulati in quanto non tengono conto della funzione attiva, soggettiva e determinante dell’osservatore e della sua coscienza. Plausibilmente è a difesa di quei concetti materialisti che la scienza classica ufficiale, abbarbicata ai propri dogmi, si manifesta diffidente verso la fisica quantistica e insegna ancora la obsoleta rappresentazione dell’atomo.

Un metodo scientifico obsoleto

Ancora 5

la crisi del materialismo

                               Scriveva Seneca: “Tutti vogliono essere felici, ma poi sono confusi quando devono decidere ciò che rende felice la loro vita”. È la stessa lacuna che si ritrova anche del nostro sistema educativo dove è assente una materia che orienti verso la saggezza e l’armonia. La nostra società civile fa di tutto per convincere i giovani che la vita sia una specie di gara a premi, dove l’altro è inevitabilmente un concorrente da battere. Ideali competitivi che non facilitano la ricerca della felicità.

Eppure molti studiosi sono concordi nel ritenere che la nostra epoca potrebbe essere la migliore in assoluto da quando è iniziato il cammino dell’umanità. Una fase di grande evoluzione paragonabile, nel passato, solo a quella del Rinascimento che pose le basi per un nuovo umanesimo e lo sviluppo dell’arte e della conoscenza. L’economia ha usufruito ampiamente della nuova evoluzione registrando crescite rilevanti e costanti che in molti Paesi hanno sconfitto la fame, la miseria e che si stanno estendendo in tutto il globo.

Purtroppo da un esame più approfondito delle società attuali, nonostante e a dispetto di tutti questi ragguardevoli progressi che hanno prodotto molte più opportunità per il perseguimento del benessere, si registrano eventi sempre più drammatici dell’esistenza umana: conflitti, violenza, stress, continue tensioni. Una situazione di rilevante contraddizione che mostra società scientificamente e tecnologicamente progredite, ma che, allo stesso tempo, stanno diventando sempre più barbare sul piano umano, etico e spirituale. Nonostante le meraviglie offerte dal progresso il mondo appare un paesaggio difficile da decifrare e da gestire, sempre più frenetico, privo di orientamento, di prospettive e caratterizzato da un futuro incerto e minaccioso.

E' evidente che l’attuale società, se da un lato accumula progresso materiale, dall’altro perde benessere spirituale, tranquillità e felicità. Il patrimonio accumulato nel recente passato in termini di solidarietà e di etica sta continuamente perdendo terreno, mentre avanzano speditamente l’arroganza, la prevaricazione, l’adorazione del dio denaro e, con esse, i conflitti sociali.

L’ininterrotta corsa agli oggetti materiali, appoggiata in modo istituzionale, educa l’individuo verso stimoli emotivi negativi produttori di degrado sociale, culturale, etico nonché di un crescente imbarbarimento sociale. Quest’ultimo si coglie quotidianamente dalla distribuzione diseguale della ricchezza, dalle carenze del sistema educativo, crescenti nell’ambito delle nuove generazioni, dalla povertà culturale, dai programmi televisivi sempre più diseducativi e violenti, da una politica non più orientata a sfidarsi sugli ideali ma capace solo di esprimere attacchi verbali quotidiani e slogan urlati sempre in disaccordo “a prescindere” con l’altra parte. Tutti elementi che rendono ingovernabili le nostre attuali società. È un’era di decadenza i cui riflessi si evidenziano sulla famiglia, sulla scuola, sulle nuove generazioni sempre meno propense a riconoscere le autorità di un tempo, sull’economia, sulla società, sull’etica e sulla moralità in genere. Prende piede l’esibizionismo, l’individualismo, il bullismo tra adolescenti, la violenza sulle donne, il passaggio dal sociale al virtuale e il relativo impoverimento culturale.           L’attuale evidente involuzione sta nell’aver esasperato la materialità mentre l’evoluzione umana passa attraverso l’educazione, il rispetto, lo sviluppo sociale, culturale e affettivo, la solidarietà, ecc. Tutti elementi spirituali tesi a creare comportamenti etici e morali, a favorire l’empatia, l’altruismo e la qualità della vita. Di converso il carattere repressivo dell’economia capitalista, come afferma Marcuse, appiattisce l’uomo alla dimensione di consumatore euforico ed ottuso, la cui libertà è solo la libertà di scegliere tra molti prodotti diversi. La società in sostanza condiziona i bisogni umani, sostituendoli con altri bisogni artificiali. I fenomeni sociali hanno trasformato una grande possibilità di progresso in una macchina soffocante, che produce solitudine.

Si rende necessario un nuovo paradigma sociale, un nuovo umanesimo che determini il progresso e il cammino dell’umanità in modo più profondo, spirituale e a misura d’uomo. Un mondo del bene, dell’amore per il prossimo e della conoscenza da contrapporre alla malvagità, all’insaziabilità, all’ignoranza e all’invidia. Un mondo capace di esprimere moralità e tranquillità d’animo come già indicato dagli antichi insegnamenti: per Socrate si è veramente uomini soltanto se si riesce a occuparsi della propria anima, in modo che essa diventi il più possibile migliore.

Ancora 6

i danni del neoliberismo

                          È del tutto evidente come il capitalismo continui a prosperare attraverso lo sfruttamento della natura, sia come fonte “inesauribile” di risorse da trasformare in merci, sia come deposito di rifiuti. Tuttavia, la capacità della Terra di “resistere” ai processi eco-distruttivi del capitale sta per raggiungere il suo limite. Le politiche capitaliste orientate a una crescita costante del PIL e dei profitti hanno determinato l’interruzione di un ciclo naturale delicato e complesso il cui sviluppo ha richiesto milioni di anni. Ne sono scaturiti: il cambiamento climatico; la crisi dei cicli biologici di carbonio, acqua, fosforo e azoto; l’acidificazione degli oceani; la crescente e accelerata perdita di biodiversità; i cambiamenti nei modelli di utilizzo del suolo; l’inquinamento chimico dell’industria. E sono solo alcune delle preoccupanti manifestazioni di una situazione completamente nuova per l’uomo e la sua vita sul pianeta.  Una dinamica distruttiva dell’ambiente che peraltro si collega direttamente al degrado sociale e materiale di centinaia di milioni di persone che soffrono la fame, miseria, la disoccupazione e il lavoro precario, attraverso i quali il capitalismo si assicura redditività e sviluppo senza fine. Se in precedenza molte persone restavano scettiche sulle stime di questa involuzione del pianeta, oggi si registra un diverso atteggiamento essendosi già rese evidenti le reali conseguenze distruttive del sistema capitalistico sull’ambiente. L’intero pianeta è stato trasformato in un’immensa discarica di rifiuti domestici, industriali e agricoli generati dai processi di produzione, distribuzione e consumo.

Questo tipo di sviluppo irrispettoso dell’ambiente non dipende da un’irrazionalità di fondo del capitalismo ma dalla sua logica intrinseca il cui motore è la sete di profitto. È una logica che indirettamente pervade anche la cultura dei lavoratori. Essi, dominati dal modello aziendale capitalistico, non solo spesso si oppongono a qualsiasi misura di transizione ecologica nel timore di perdere il posto di lavoro, ma nel loro ruolo di consumatori, tendono ad apprezzare l’offerta di nuovi beni convinti di rincorrere la felicità nel loro consumo. Così operando favoriscono le politiche di salvataggio dei profitti dei capitalisti, legando il destino della classe lavoratrice al buon affare dei ricconi.

Il libero mercato è riuscito a celare molto bene alcune illusioni vendendole per verità. La prima è insita nella speranza che il sistema liberista possa garantire a ciascuno di noi quel futuro successo economico e materiale sulla base del quale oggi sono valutate positivamente le persone e il loro status sociale. È evidente quanta illusione nasconda questa verità propinataci dal mercato, posto che ormai da decenni la torta da spartire si incrementa sempre più a vantaggio di sempre meno individui. Il secondo prodigio pianificato dal capitalismo è quello di aver fatto credere alla gente di essere pagata secondo il proprio valore. È un’idea ormai così profondamente radicata nella coscienza collettiva che molti dei nuovi poveri pensano sia colpa loro. Si vergognano di quello che considerano un fallimento personale: mancanza di valore, d’intelligenza o di personalità. Ne è conseguenza la diffusa opinione per cui chi guadagna moltissimo sia individuo superiore, particolarmente intelligente e competente. Un immaginario collettivo che quindi finisce per giustificare non solo la loro grande ricchezza, ma anche la loro autorevolezza nell’ambito del contesto sociale. Un’autorevolezza mal riposta, per nulla acquisita con metodi giusti e regolari, che assolutamente non giustifica l’incremento, registrato negli ultimi trent’anni, delle retribuzioni vicino al 1.000% dei grandi Amministratori Delegati o CEO (Chief Executive Officer), rispetto al 10% conseguito dal lavoratore medio.

In realtà quei CEO sono decisivi nella nomina e nella remunerazione dei consiglieri di amministrazione che quindi risultano poi teneri nel verbalizzare incrementi di stipendio o elargizioni di stock options in favore dei loro “pigmalioni”. Stock options che a loro volta diventano produttrici di ancora ben più alte remunerazioni attraverso le cosiddette operazioni di “buyback” tanto ingenti e numerose quanto poco legali e in odore di insider trading. In sintesi i consigli di amministrazione sono generosi nel concedere ai CEO premi in stock options (assegnazione di azioni della società) quando le quotazioni dei rispettivi titoli sono in discesa. Successivamente, in momenti favorevoli di mercato, i CEO, con fondi aziendali, fanno acquistare dalla società azioni proprie. Una manovra che, ovviamente, fa salire il prezzo dei titoli e consente ai CEO di vendere le azioni loro assegnate riportando lauti guadagni. La produttività di questi grandi manager è evidenziata da un recente studio, condotto da università americane, sull’andamento di 1500 grandi imprese. La ricerca ha evidenziato che più i CEO sono pagati e più le relative aziende vanno male. I guadagni sono quasi tre volte più bassi per le società che pagano tanto rispetto a quelle che pagano meno. Queste spese indebite abbattono il valore reale delle azioni a tutto vantaggio dei CEO che intascano enormi somme anche dopo aver fatto fallire le imprese loro affidate. Spesso e volentieri poi sono quegli stessi CEO che, a fonte dell’andamento negativo dell’impresa, denunciano ristrutturazioni ed esuberi assumendo feroci tagliatori di teste lautamente pagati. Così che a fare le spese di tutta questa “associazione a delinquere”, meglio organizzata dei contesti criminali ma un tantino più legale, sono sempre e solo i lavoratori che licenziati vanno ad infoltire le schiere dei poveri. E non finisce qui! Perché i consigli d’amministrazione ricompensano nuovamente i CEO per aver licenziato migliaia di dipendenti, aver ridotto le spese di produzione e aver fatto risalire le quotazioni di borsa delle azioni da loro possedute nella società così snellita.

Altro che capacità e competenza, è stato costruito un meccanismo perverso che consente l’arricchimento di pochi a spese di tanti altri, comprese le stesse Nazioni. La Grecia, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e la stessa Italia sanno perfettamente di cosa stiamo parlando.

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