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“Moneta” un nome che viene da lontano

 

La tradizione vuole che il nome “moneta” sia collegato all’episodio delle oche del Campidoglio del 390 a.C., tramandatoci da Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.). In quell’anno Roma era assediata dai Galli di Brenno; sulla cittadella del Campidoglio vi era il tempio di Giunone dove venivano allevate delle oche che, essendo sacre alla dea, i romani avevano risparmiato nonostante la fame e la carestia prodotte dall’assedio. Una notte Marco Manlio, soldato che dormiva presso il tempio di Giunone, sentì le oche starnazzare. Sospettando il peggio corse alla rocca dove si accorse che alcuni galli la stavano scalando. Affrontò il primo mozzandogli le dita con un colpo di spada. Le urla e le oche che presero a starnazzare maggiormente, svegliarono il presidio militare che diede l’allarme riuscendo a sventare l'attacco dei galli. Da quel momento la dea Giunone acquisì l'appellativo di Moneta, dal latino monere (avvertire, ammonire) in quanto le fu imputato il risveglio delle oche per avvertire dell'arrivo dei Galli.

Peraltro, successivamente (269 a.C.), nel luogo dove adesso sorge la Basilica di Santa Maria in Aracoeli, attiguo al tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio, venne edificata la zecca che fu posta proprio sotto la protezione della Dea Moneta. A quel punto fu il linguaggio popolare a trasmettere l'appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a ciò che lì si produceva.

 

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Il signoraggio: luci e ombre

 

Nei regni medievali, il denaro era soggetto a varie alterazioni. Chi possedeva oro o argento poteva portarlo alla zecca del sovrano per la sua trasformazione in monete sonanti. La zecca tratteneva parte delle monete coniate a fronte delle spese di trasforma­zione come signoraggio. Quest’ultimo impediva che il valore nominale delle monete coincidesse con il valore intrinseco del metallo in esse contenuto. Da questo punto di vista il signoraggio proteggeva di fatto la moneta dal rischio di essere usata come metallo e non come valuta (vero in particolare per le monete d’oro).  Col tempo tuttavia il signoraggio era destinato a diventare un’imposta occulta. Già l’imperatore romano Settimio Severo (circa 150 d.C.) per coprire le spese di guerra, dimezzò la quantità di metallo contenuto nelle monete lasciandone invariato il loro va­lore nominale. Da allora simili episodi si sono ripetuti in tutti i tempi e in tutti i luoghi. In realtà l'idea di evitare gli abusi dei principi feudatari e di salvaguardare la legalità del denaro era talmente estranea al modo di pensare dei sovrani che essi consideravano la moneta semplicemente uno dei più preziosi proventi del loro regno. Si moltiplicavano i decreti che, assecondando i bisogni della corona, aumentavano il valore nominale della moneta, mentre si riduceva costantemente il suo valore intrinseco. A questo tipo di signoraggio è imputato il fenomeno della cosiddetta “svalutazione secolare” le cui reiterazioni nel tempo furono i fattori che più indussero le masse urbane e rurali dell’epoca a ribellarsi contro sovrani e Signori.

 

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Come la moneta ha cambiato il mondo in due passaggi chiave 

 

1 - La nascita del Banco

Fino al 1200 il valore della moneta era ancorato a beni naturali (conchiglie, pecore, oro, argento, rame, ecc.). Gli incrementi progressivi del commercio, interno ed estero, intervenuti dal XIII secolo, evidenziarono almeno due criticità: le numerosissime valute esistenti e le quantità di monete in oro o argento da trasferire con difficoltà e rischi crescenti.

Nasce allora il “Banco” che era proprio un banchetto posto in mezzo alle fiere e ai mercati. Esso era gestito da cambitores che, nati come cambiavalute, iniziarono col tempo a offrire ai clienti la custodia delle monete metalliche rilasciando, quale ricevuta, una Banco-nota (Nota del Banco). Questa permetteva, su presentazione, di recuperare i denari da parte del titolare o di altro operatore che avesse ricevuto la nota in pagamento. In altre parole non era più necessario portarsi in giro l’oro, e se si fosse presentata una transazione, era sufficiente avere con sé le note di banco. Questo ridusse molto il trasporto di monete favorendo anche la difesa dai rapinatori.

Non ci volle molto a comprendere, da parte di qualche Banco, che, per far fronte ai ritiri delle monete detenute dai depositanti, era sufficiente mantenere una minima parte di esse. Tale consapevolezza portò all’emissione di banco-note, sulla base di concessione di prestiti, coperte da quei depositi che per molto tempo erano mantenuti inutilizzati presso il Banco. Queste nuove banco-note, pertanto, pur non rappresentando più reali depositi, potevano circolare ed essere scambiate alla stessa stregua delle altre.

Con la progressiva diffusione delle banco-note prende avvio il passaggio dalla moneta metallica a quella cartacea e con esso il motto del popolino per cui “i banchi creando moneta dal nulla” diventando accumulatori di enormi ricchezze e di immenso potere. D’altra parte il potere e i guadagni derivanti da questa nuova attività trova riferimento storico nei banchieri fiorentini delle famiglie dei Medici, Peruzzi, Bardi. Ecc.

Ancora oggi è un’accusa proveniente da una classe politica becera con ben scarse competenze economiche inconsapevole dei danni che tali esternazioni possono fare su una massa che spesso e volentieri è più ignorante di loro. La “creazione dal nulla” è dizione fuorviante per chi non mastica di economia monetaria. È infatti più corretto dire “moneta creata dai prestiti” con tutti i rischi connessi per chi li concede. Quello di cui si parla in realtà è l’aspetto nobile e moltiplicatore di benessere delle banche, non certo la loro condanna.

I banchi, attraverso i prestiti, creano moneta di credito, cioè nuovi mezzi di pagamento che rendono pos­sibili maggiori scambi e, quindi, maggiore distribuzione di ricchezza.

Oggi sappiamo che il vero sviluppo economico passa attraverso la “liberazione” della moneta da vincoli e da rigidità connesse alla volontà di determinare il suo valore. La miseria ha afflitto i popoli fin quando la moneta è stata ancorata a valori naturali come i metalli preziosi. Anche l’ultimo profano è in grado di comprendere che se l’unico modo per scambiare beni è quello di scambiare con oro, argento, conchiglie, pecore, ecc., le quantità di queste contropartite, sicuramente limitate, finiranno per ingessare, prima o poi, un’economia fondata sugli scambi. Ne è diretta conferma il signoraggio, le tosature, ecc. perpetrate nel tempo da parte dei Re e delle Signorie per incrementare il denaro.

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2 – La creazione della Banca d’Inghiltera

I Re e i governi continueranno ad essere avidi di denaro anche in presenza della moneta cartacea. È il caso dell’Inghilterra e della creazione della sua Banca di emissione che cambierà il sistema economico e monetario mondiale dalle fondamenta.

L’Inghilterra veniva da sonore sconfitte belliche e per recuperare contro Luigi XIV di Francia era costretta a dotarsi di una flotta potente, ma le casse erano vuote e il credito di re Guglielmo III era così basso da non permettergli di prendere in prestito la somma necessaria di £ 1.200.000. Detta cifra fu offerta da Paterson (un banchiere massone) e soci mediante un prestito a interesse dell’8% e contro autorizzazione a emettere banconote per un importo pari al prestito tramite la Bank of England da istituire ad hoc. Con l’approvazione del Parlamento, nel 1694 Paterson poté così fondare, assieme ai suoi soci banchieri, la Banca d’Inghilterra, un’azienda del tutto privata e con soli 19 dipendenti. Tre anni dopo le sterline cartacee emesse dalla Banca d’Inghilterra ammontavano già a 1.750.000 contro una riserva di sole 36.000 sterline d’oro. La convertibilità in oro di quella cartamoneta fu da subito un fatto formale poiché il rapporto tra denaro stampato e oro era conosciuto solo dal Governatore.

Il 1694 è pertanto da considerare un’altra data fatidica nella storia del mondo di allora e di oggi, molto più di quelle che indicano battaglie, trattati internazionali o altro: è l’anno in cui nasce il dominio della finanza sull’economia reale.

Prima di allora il Sovrano che spendeva soldi per costruirsi una reggia o per fare guerre, indebitava lo Stato, ossia se stesso, verso le banche che fornivano i finanziamenti necessari. Con il suddetto cambiamento il Sovrano e lo Stato diventano due soggetti distinti: con enfatizzata magnanimità democratica lo Stato non è più il Sovrano bensì il Popolo. Il Sovrano adesso, attraverso la Banca Centrale (di proprietà sua e di alcuni privati), assume la veste di banchiere e di finanziatore dello Stato (cioè del popolo) per fare le medesime cose che, nel proprio interesse, faceva prima. Detto in altre parole, in base alla nuova impostazione, il Sovrano che fa una guerra per incrementare i propri domini non indebita più la corona ma anzi va a credito di capitali e interessi verso lo Stato, cioè verso i propri sudditi. Insomma da allora (così come ancora oggi), i regnanti/governanti non solo possono fare i propri interessi a spese del popolo, ma possono guadagnarci sopra anche nel caso in cui l’eventuale guerra fosse persa. I Regnanti spendono per arricchirsi e per consolidare il proprio potere, indebitano lo Stato e, col pretesto del debito pubblico da ripianare, si assumono la facoltà, nonché il diritto, di prelevare risorse dal popolo attraverso tasse e imposte. La spesa pubblica e il debito pubblico che da essa origina, diventano un inesauribile fonte di affare e di potere.

L’importanza della nascita delle Banche Centrali è pertanto abbastanza evidente. Da quel momento le classi governanti dei vari Paesi si distaccano dallo Stato-Nazione dissociando i propri interessi e le proprie fortune da quelli della nazione stessa, rendendoli indipendenti e perlopiù spesso contrapposti. Si comprende anche la necessità di rendere terzo il proprietario della moneta che non sarà più il sovrano, lo stato o il popolo ma un banchiere pseudo-privato. Intendiamoci, il debito pubblico esisteva anche prima dal momento che per finanziare guerre i sovrani hanno sempre fatto ricorso al prestito. Ma, essendo debiti facenti capo al monarca, avevano sempre una soluzione. Se la guerra era vinta il denaro veniva restituito e se era persa, veniva destituito il re o il governo e il prestito andava in “default”. Dal 1694, pertanto, il debito pubblico diventerà, di fatto, senza soluzione di continuità.

In anni successivi furono costituiti analoghi istituti di emissione nei vari Paesi: la Banque de France (1800); la Nationalbank di Vienna (1816); la Banca di Prussia (1846); la Banca dell’impero russo (1860); la Banca Nazionale degli stati sardi (1850), chiamata dal 1861 Banca Nazionale nel regno d’Italia, ecc.

Appare chiaro inoltre che sulla base dei due fenomeni descritti la convertibilità in oro delle varie valute circolanti avrebbe avuto breve vita e, in effetti, nel 1971 si ebbe il definitivo svincolo delle monete da qualsiasi valore di riferimento. In quell’anno l’allora Presidente USA Richard Nixon dichiarò l’inconvertibilità del Dollaro contro oro. E non poteva essere altrimenti. Nel 2023, anno in cui scriviamo, la massa monetaria mondiale è pari a 96.000 miliardi di dollari contro un valore dell’oro esistente nel mondo di 11.000 miliardi. Occorre considerare inoltre l’ammontare del PIL dell’economia mondiale, che ha raggiunto 105.000.000.000 di miliardi di dollari, una enormità sicuramente frutto dell’operatività bancaria e finanziaria descritte nel testo.

 

 

 

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La nascita del Bitcoin

  

Il 2008 è l’anno in cui è fatta risalire la nascita del Bitcoin allorché fu ufficialmente registrato online il dominio “bitcoin.org”. Nell’agosto di quell’anno Adam Back ricevette una mail da un mittente: Satoshi Nakamoto. Nella mail, Satoshi chiede di dare un’occhiata a una nota “Bitcoin: a Peer-to-Peer Electronic Cash System” in cui è descritto il funzionamento di qualcosa chiamato Bitcoin. Dopo qualche settimana lo stesso Satoshi Nakamoto, che non aggiunge nulla sulla propria identità, invia una proposta più accurata e fortemente accademica a una mailing list specializzata in crittografia. Nascerà così il cosiddetto “White Paper of Bitcoin” da cui risultava già deciso che i bitcoin sarebbero stai emessi solo fino al raggiungimento complessivo di 21 milioni di monete circolanti.

Sino ad ora non è stato mai appurato se davvero Satoshi sia esistito. È rimasto il sospetto che fosse identificabile nell’esperto Hal Finney che, purtroppo, nel 2009 si è ammalato di SLA lasciando questo mondo cinque anni dopo.

I primi scambi di bitcoin sono fatti in modalità di prova e di donazione a valore zero. Il primo blocco in assoluto (Genesis Block) avviene l'11 gennaio 2019 tra gli stessi due protagonisti del progetto: Nakamoto invia a Finney un totale di 50 BTC, eseguendo così la prima transazione Bitcoin della storia. Il prezzo ipotizzato è di 1,3 BTC contro dollaro, sulla base di un algoritmo che include il costo dell’energia necessaria a far funzionare un computer che ha generato il bitcoin. Il sistema stava funzionando stabilmente e già nel 2010 il bitcoin registra un valore monetario.

È passato alla storia il caso di un programmatore americano, Laszlo Hanyecz, che il 22 maggio del 2010, con l’intento di promuovere il Bitcoin, lanciò una sfida: “avrebbe pagato 10.000 Bitcoin a chi gli avesse recapitato a casa due pizze”. La sfida fu raccolta inaspettatamente da un locale della “Papa John’s” della Florida che con le due pizze consegnate raccolse in cambio la somma pattuita. Al tempo un Bitcoin valeva circa 3 millesimi di dollaro, pertanto il costo delle due pizze fu di 30 $. Questo scambio rappresenta il primo acquisto nella “vita reale” effettuato mediante criptovalute. Nel giugno 2011 il bitcoin raggiunge i 10 dollari di quotazione. Il pizzaiolo che un anno prima ha incassato 10.000 bitcoin per due pizze ha fatto un affare se quei bitcoin sono stati mantenuti nel proprio wallet (portafoglio). Se addirittura Laszlo li avesse mantenuti sino ad oggi quei 10.000 BTC, al prezzo del giorno in cui scrivo (1 bitcoin = 42.000 $), varrebbero oltre 420 milioni di dollari.

 

 

 

 

 

 

Il Bitcoin quale logica conclusione evolutiva del denaro

 

Il completo ed eclatante disancoraggio della moneta da valori reali più o meno naturali, la progressiva scomparsa della sua esistenza fisica (banconote e monete metalliche rappresentano il 9% della massa monetaria, il resto è rappresentato da impulsi e registrazioni informatiche), hanno trasformato la moneta stessa in valore digitale fondato esclusivamente sulle esigenze di mercato e sull’accettazione di essa da parte dei popoli.

L’evidente “immaterialità” raggiunta dal denaro, rende necessaria una rivisitazione del sistema a cominciare da chi deve detenere la libertà di creare moneta: le banche centrali; lo Stato; o il libero mercato.

Essendo ormai tutta la moneta del mondo di tipo fiduciario, si assiste alla nascita di monete alternative, più o meno locali, e rivenienti dallo sviluppo della tecnologia informatica tesa a mettere in discussione la presenza di un’Autorità detentrice del controllo delle transazioni monetarie. Sono così ormai da tempo presenti sul mercato nuove monete virtuali conosciute come criptovalute: Bitcoin e Altcoin.

Se sino ad oggi la comprensione della moneta è risultata ostica ai più, la criptovaluta la rende ancora più ardua: oserei dire criptica. In parole povere, il Bitcoin, o altra criptovaluta delle oltre 24.000 esistenti, è prodotto dal lavoro di potenti computer, gestiti da smanettoni inseriti in una blockchain, impegnati in complicatissimi calcoli matematici tesi a risolvere le chiavi criptate dietro le quali si esprime un trasferimento monetario. Questa attività di mining, in uno con l’enorme dispendio di energia, è ripagata in Bitcoin.

È un’impostazione che mi ha fatto tornare alla mente le più estreme teorie del Keynes per cui certe nazioni povere per rilanciare l’economia creavano due gruppi di lavoratori: uno era pagato per scavare fossi mentre l’altro riceveva una paga per ricoprire le buche fatte dal primo. Il denaro cominciava così a circolare di nuovo, riprendeva la domanda di beni, la produzione si adeguava e l’economia ripartiva assorbendo quei due gruppi iniziali di lavoratori.

Sta di fatto che la moneta è ormai un elemento virtuale, quasi spirituale e alquanto priva di materialità. Su queste basi chiunque che raccolga la fiducia e il favore della gente è in grado di creare moneta ed è quello che stanno provando a fare un largo numero di persone nel mondo. Difficile comprendere chi vincerà questa sfida monetaria. Il libro comunque un indirizzo economico lo fornisce ed è quello per cui una moneta così dematerializzata ha favorito e continuerà ad arricchire, quei pochi privati che in combutta con la politica, gestiscono il business monetario e finanziario a proprio vantaggio con pesanti ricadute negative su tutti gli altri abitanti del pianeta Terra.

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