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Ancora 1
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Sandro Botticelli

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LA nascita di VENERE

Opera sublime, simbolica e densa di messaggi esoterici

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     Nell’età giovanile, colpito dall'aspetto intrigante delle sette segrete, mi dedicai alla lettura dei pochi e quasi introvabili libri che all’epoca parlavano di massoneria. In quei volumi fui meravigliato di scoprire, per combinazione o per destino, perché sin da piccolo fossi rimasto affascinato e stregato dell’opera del Botticelli: “la nascita di Venere” realizzata intorno al 1500, all’epoca dei Medici. Fu l’occasione peraltro in cui compresi il parallelismo tra storia, ufficialità e tradizione, tra mondo esoterico e profano. Una sensazione apprezzata nuovamente nell’ambito della famosa opera di Harry Potter laddove il mondo viene diviso in maghi e babbani.

     Ricordo ancora con forte emozione il primo incontro con il dipinto originale da me sempre adorato. Mi parve molto più grande di quanto avessi immaginato e che emettesse una luce propria. Rimasi immobile per alcuni minuti come folgorato.  Per la prima volta vedevo a tu per tu ciò che mi aveva sempre colpito: l’espressione del volto della Venere che, ora come non mai, dimostrava di non aver niente di riscontrabile nella realtà di questo mondo. Nonostante qualcuno avesse avvicinato il volto della Venere a quello di una nobildonna dell’epoca (tale Simonetta Vespucci), non sono mai riuscito a personificare il volto di quel dipinto in quanto la vista dell’originale, in particolare, mi dette la sensazione per cui se esistevano gli angeli, sicuramente avrebbero avuto quel volto e quella espressione spirituale che richiamano una saggezza secolare, una dolcezza e un amore trascendentali. Ovviamente, trattandosi della Dea Venere, che nasce dall'elemento spirituale "acqua" (cfr. altro mio libro "Acqua: materia o spirito?"), doveva esprimere l’amore divino e incondizionato ma resta impressionante il modo in cui il pittore ci sia riuscito in pieno.      

     Nel descrivere l’opera, la critica così si esprime: “….il tema che traspare in filigrana è quello platonico della nascita dell’Humanitas, generata dalla natura con i suoi quattro elementi, e dell'unione dello spirito con la materia. La nudità della dea non è affatto una pagana esaltazione della bellezza muliebre, ma significa purezza, semplicità, beltà disadorna dell'anima; in linea del resto con le valenze spirituali di cui la figura divina si era venuta caricando nel lungo cammino dell'allegorismo medievale. L'intera figurazione segue da vicino la traccia di un celebre passo delle Stanze del Poliziano, modellato su alcuni versi dell'inno omerico a Venere. L’azione procede nel dipinto come nel poema con qualche lieve variazione (Venere si copre il seno con la mano destra, invece che con la sinistra, trattenendo con l'altra la massa dei capelli). L'atteggiamento della dea, nella posa della “Venus Pudica”, esprime la duplice natura dell'amore, sensuale e casto, di cui i ministri della dea rappresentano aspetti diversi e complementari. Anche per questo Botticelli raggruppa partitamente i protagonisti della scena, in modo che dalla loro distribuzione emerga con maggiore chiarezza la triade che qui si vuole delineare: della convergenza e compresenza degli opposti nella natura transitoria (corpo e anima) della persona umana.”

     Sino a qui l’interpretazione artistica del dipinto. Ma al di là delle descrizioni ufficiali che dimostrano la natura altamente simbolica dell’opera del Botticelli, vi sono molti altri significati nascosti che, quasi certamente, sono ignoti agli stessi critici. In merito, come detto, ebbi a scoprire un nuovo motivo per cui quell’opera mi avesse tanto colpito.

     Ero sprofondato nel divano di casa e stavo leggendo il finale di pagina 50 del libro “Massoneria alla sbarra“ (Tommaso Ventura, edizioni Atanor, Roma 1961) ed ebbi un sussulto leggendo questo brano:

le unioni culturali umanistiche fecero perdere ogni loro traccia e presero la denominazione di “Muratoria” o di “Massoneria”… che assorbirono  dalle corporazioni usi e simboli come la squadra, il compasso, …e la posizione all’ordine consistente nel portare la mano destra sul petto un po’ al di sotto del mento con le quattro dita unite ed il pollice distaccato in forma di squadra, e la sinistra più abbasso lungo il fianco.  Il testo poi continuava ...la posizione all’ordine, oltre ad essere un segno occulto di riconoscimento, esprimeva il concetto che l’iniziato era pronto a tener fede al suo giuramento e che, comprimendo e quasi imprigionando nell’imo petto le proprie passioni ed i propri pregiudizi, volgeva tutto l’acume della mente a comprendere la dottrina massonica.

     Finito di leggere questo passo mi apparve come d’incanto la visione del dipinto del Botticelli che rispondeva, in ogni singolo atteggiamento della Venere, alla posizione all’ordine. Fu una folgorazione: se un iniziato riusciva a raggiungere un livello d’arte e di comunicazione così sublime evidentemente il credo massonico doveva fornire un’enorme arricchimento spirituale. Tra le altre cose questo mio collegamento spiegava che non c’era l’errore evidenziato dalla critica in quanto lanciava un messaggio simbolico, per chi era in grado di leggerlo, pregno di significato e di coraggio, considerato il potere della Chiesa di quei tempi e il suo ostracismo verso la massoneria.

     Solo col tempo e con l’arricchirsi delle pubblicazioni in materia scoprirò che Botticelli fu Gran Maestro massonico insieme a tanti altri illustri personaggi (Leonardo Da Vinci, Victor Hugo, Newton, Bernini, Mozart, Freud, Henry Ford, Cagliostro, Beethoven, Brahms, Liszt, Paganini, Boito, Shubert, Totò, Orazio Nelson, Winston Churchill, Garibaldi, George Washington, Napoleone, Antonio Meucci, Einstein, Enrico Fermi, Vittorio Alfieri, Carducci, Goethe, Manzoni, Tolstoi, Oscar Wilde, Foscolo, De Amicis, Pascoli, Mazzini, Pancho Villa, Zapata, Arafat, ecc.).

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Breve stralcio dal "Cap. VI - Il tempo della saggezza" della collana VIXIT

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Ancora 2

Il piano di marketing dello sportello bancario

Una proposta operativa

libri  pubblicati

     Rappresenta il risultato di un’esperienza professionale svolta in Banco di Roma, ove, dopo aver percorsi i vari ruoli commerciali, fui cooptato dalla Direzione Centrale quale responsabile di un progetto di pianificazione di marketing da introdurre nelle filiali.  Il progetto prendeva spunto dai profondi cambiamenti intervenuti nel settore del credito che si stava aprendo al mercato e alle sfide competitive. Fu costituito un gruppo di progetto comprensivo di consulenti esterni e dei vari responsabili delle funzioni centrali di marketing. La parte che richiese più tempo fu quella della scelta del modello di pianificazione operativa di marketing da standardizzare per le filiali. Una fase di reciproche riflessioni con il consulente e gli altri componenti del gruppo su quali strumenti e modelli di marketing fossero applicabili alla realtà bancaria in base alle informazioni che il neo SIM (Sistema Informativo di Marketing) aveva da poco messo a disposizione. Strumenti che dovevano inserirsi in un modello non troppo concettuale e applicabile nella realtà operativa dei Direttori di Filiale. Prima di cocnludere il Piano di marketing, si decise di inserire in rete uno degli strumenti “principe” del marketing: il Portafoglio Clienti. Furono individuate alcune filiali test alle quali fornimmo, attraverso il SIM, tabulati con i dati informativi di tutta la clientela già suddivisa per operatore il cui compito consisteva nel telefonare, porsi quale diretto gestore del cliente assegnato e dichiararsi disponibile a risolvere ogni suo problema ed esigenza. Fu un’azione innovativa per l’epoca (era il 1991) e i risultati che il nostro gruppo monitorava dal centro furono addirittura eclatanti. Quelle filiali test risultarono straordinariamente performanti rispetto alla media della rete e qualcuna superò il 400% del budget assegnato. L’Alta Direzione deliberò l’implementazione dello strumento su tutta la rete. Non mi meravigliai di quei risultati. Le banche da alcuni anni avevano risposto all'emergente competizione creando sviluppatori con il compito di conquistare nuovi clienti in quanto su ciò si basava, erroneamente, il concetto di sviluppo commerciale. L’immancabile reazione delle altre banche, tese a coprire le perdite conquistando nuovi clienti, determinava un travaso continuo di clienti da una banca all'altra con forti sofferenze per il conto economico. Il marketing viceversa insegna che lo sviluppo commerciale è diretto prima ai clienti interni, da fidelizzare attraverso qualità del servizio e cross selling, e solo dopo ci si può rivolgere a nuovi clienti senza correre il rischio di perdere l’enorme patrimonio rappresentato dalla “vecchia” clientela. In effetti, in un momento in cui tutti erano tartassati da banche sconosciute, spesso scoccianti e controproducenti, i clienti del Banco ricevevano telefonate dalla propria filiale che si metteva a loro disposizione con le conseguenze positive di immagine e passa parola.

     Affidata alle funzioni competenti l’estensione integrale del “Portafoglio Clienti”, il nostro team terminava il modello di pianificazione operativa. Venne illustrato ai responsabili regionali della rete il modello standard adottato per il piano di marketing di filiale che, in una fase di test sarebbe stato rivolto ad alcuni Responsabili di Filiale selezionati ad hoc. La sperimentazione che ne seguì fu per me la più bella esperienza della mia intera vita professionale. A quei ragazzi fornimmo le basi del modello di pianificazione, presentammo coloro che avrebbero fornito i dati e le informazioni necessarie, spiegammo il SIM e come consentiva di estrarre le informazioni più disparate. Dopo una full immersion di una settimana, i dodici direttori (uno per ogni Regione) rientrarono in filiale per effettuare l’analisi del proprio mercato e due mesi dopo tornarono in Direzione Centrale per il necessario feed-back, per affrontare le conseguenti tattiche e azioni di marketing e provvedere alla stesura dei 12 piani di marketing coerenti ognuno con il posizionamento rilevato per il proprio mercato di riferimento. I risultati furono sorprendenti. Si attivò uno scambio continuo di idee tra centro e periferia che portò velocemente a una sorta di marketing intelligence dove dal centro smistavamo a tutti le idee più creative. Quelle vincenti venivano formalizzate, trasmesse a tutti gli altri e, spesso, da esse erano creati nuovi modelli. Dopo sei mesi di duro lavoro, avevamo tutti i dodici piani di marketing completi. Un capolavoro che determinò la decisione della banca di estendere il modello a tutte le filiali. 

     Eravamo ai primi del 1992 ed eravamo soddisfatti di quanto ottenuto in poco più di 18 mesi di lavoro. All’epoca nessuna banca aveva pensato un simile approccio di mercato. Purtroppo mentre stavamo organizzando l’implementazione in tutta la rete dei nuovi strumenti, giunse la notizia bomba: la Cassa di Risparmio di Roma aveva acquisito il Banco di Roma! Una triglia aveva ingoiato una balena! Miracoli della politica. Nell’occasione ebbi la piena contezza di quanto fosse perniciosa e disattenta la classe deputata a guidare il Paese. Una classe per la quale conta più qualche “interesse particolare” o qualche “conoscenza” rispetto a qualsiasi analisi obiettiva e competente. Ovviamente, per una questione di potere, furono adottate le procedure operative della Cassa, la cui anagrafe clienti prevedeva di inserire il soprannome ma non la professione della clientela. Il SIM, insieme agli anni di duro lavoro e agli investimenti che ci avrebbero posto sul mercato in una situazione commerciale vincente, fu gettato alle ortiche e il nuovo mostro bancario non vi potrà più far ricorso. Il nuovo Responsabile Marketing, che nemmeno conosceva lo strumento portafoglio clienti, mi persuase che il marketing operativo in quel nuovo carrozzone non sarebbe mai più partito. 

     Per non perdere gli strumenti, la metodologia e la positiva esperienza acquisita, decidemmo con il consulente di scrivere, a futura memoria, un libro che illustrasse il modello di pianificazione operativa di marketing applicato. Il libro riporta concetti e modelli, già collaudati, della dottrina di marketing nonché vari punti innovativi e originali. I numerosi schemi sono integrati da note illustrative sul loro funzionamento e utilizzo, tali da renderne possibile l’applicazione anche tralasciando la parte concettuale del testo. Nella stesura del libro ci siamo infatti preoccupati di soddisfare tanto le esigenze di sola modulistica quanto quelle d'esclusiva metodica.

 

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Note sul consulente co-autore:

Alberto Giacomotti è stato per molti anni Dirigente, in campo commerciale/marketing, di importanti aziende nazionali e multinazionali. Dal 1978 si è dedicato alla libera professione come formatore e consulente. Ha fondato “Strutture e Mercati”, specializzata nelle problematiche derivanti dall'interazione azienda-mercato, accumulando esperienze diversificate per gamma di settori merceologici, per dimensioni aziendali e per Paesi di attività. È stato consigliere direttivo dell’AISM (Associazione Italiana Studi di Marketing) ove ha fondato il Dipartimento no profit.

Oltre a numerosi articoli specialistici ha pubblicato “Mettersi in proprio e realizzare una business idea” (Maggioli Editore, 2009) - “Il marketing sostenibile: dal dire al fare business, responsabilmente” (Maggioli Editore, 2013) – “Creare valore con la sostenibilità” (Maggioli Editore, 2019)

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Ancora 3

IL COMARKETING:

LA NUOVA GESTIONE DEL BUSINESS DI FILIERA

     Trascorsi cinque anni dalla pubblicazione del “Piano di Marketing dello sportello bancario”, durante i quali la relazione con il consulente di marketing si trasformò in un rapporto di amicizia, prendemmo la decisione di scrivere una nuova opera sull’innovativo concetto di comarketing che considerava la nuove strategie messe in atto dalle imprese dell’epoca.

     Il libro prendeva spunto dall’orientamento delle imprese di produzione verso l’aumento dimensionale (attuato tramite fusioni, incorporazioni, ecc.) o verso accordi di cooperazione (associazione in partecipazione, consorzi temporanei d’impresa, ecc.) con l’obiettivo di raggiungere quote di mercato di dimensioni sufficienti per affrontare i costi di gestione del proprio business. Esempi di tale orientamento erano rappresentati da:

  • produttori di beni durevoli che si preoccupavano di convincere la clientela a utilizzare le proprie strutture di assistenza e ad acquistare i propri ricambi/componenti;

  • venditori d’autovetture che allargavano la gamma dell’offerta trattando anche assicurazioni e finanziamenti;

  • reti TV che cedevano i decoder e facevano merchandising;

  • giornali che avevano cominciato a vendere CD, video cassette, borse, ecc.

     L’ampiamento dell’area di azione, e quindi delle possibilità di business, necessita di una riformulazione strategica sul come stare sul mercato: in modo specifico ciò significa riconsiderare il posizionamento competitivo per definire i confini di “in quale business stare”. L’approccio di “comarketing”, legato alla filosofia dello sviluppo e della progettualità, prevede il confronto dei costi coi ricavi (quindi, dell’efficienza con l’efficacia) e non del miope isolamento di uno dei due termini.  Diventa fondamentale per un’Organizzazione che vuole avere maggiori possibilità di successo, rendere condivise le strategie e le azioni con tutti coloro che ne sono coinvolti. Nell'ambito di iniziative commerciali i membri della linea devono essere coinvolti, motivati e cooperanti. Questo vale, peraltro, anche per i collaboratori esterni (agenti, dealer, etc.) e giù, giù per la pipeline finché si arriva al cliente utilizzatore finale.

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